Villa Florio Pignatelli fu una delle prime proprietà private della famiglia Florio a Palermo. I Florio, una delle più influenti e potenti famiglie siciliane del XIX secolo, noti per il loro contributo all’industria, al commercio e alla cultura siciliana, desideravano una residenza che rispecchiasse il loro status e il loro gusto raffinato.
Durante il XVIII secolo, nobiltà e clero arricchirono la piana dei Colli con magnifiche ville, seguendo la moda della villeggiatura estiva diffusa in Europa. Alcune di queste ville furono costruite ex novo, mentre altre erano casolari esistenti che vennero abbelliti. Alcune di queste ville esistono ancora oggi, anche se sono nascoste dalla nuova architettura sorta lungo le strade a seguito del piano regolatore del 1962-1963.
Una di queste Ville è Villa Florio Pignatelli, che si raggiunge percorrendo Via dei Quartieri e svoltando in Via Florio. Su questa strada, fiancheggiata su un lato da una fila di case di 3-4 piani, si trova il cancello d’ingresso della Villa. Un ingresso secondario si trova invece su Via Cottolengo, una parallela di Viale della Resurrezione.
La storia di Villa Florio Pignatelli inizia nel 1729, nel momento in cui il marchese Casimiro Drago concesse in enfiteusi questo vasto appezzamento di terreno con annessa “casena” a Baldassarre Platamone, duca di Belmurgo. Nel 1766, la proprietà fu ereditata dal figlio, don Michele, che fece ammodernare la struttura e realizzare un giardino su progetto dell’architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia. Nel 1833, don Michele Platamone Moncada, principe di Larderia, vendette la proprietà a Giuseppe Avellone. Questi, a sua volta, nel 1838 cedette i suoi diritti a Marcello Fardella, duca di Cumia.
Nel 1839, Vincenzo Florio comprò la Villa e i terreni annessi. Don Vincenzo donò l’intero complesso al figlio Ignazio e alla nuora Giovanna d’Ondes Trigona. Questa unione, infatti, permise alla famiglia Florio di accedere alla classe aristocratica. Da quell’anno, fino al 1904, Villa Florio Pignatelli ai Colli fu la dimora estiva della famiglia Florio.
Una volta acquistata la proprietà, i Florio trasformarono l’antica “casena” per adeguarla al nuovo livello sociale. A questo progetto contribuirono tanti professionisti, come gli architetti Giuseppe Damiani Almeyda ed Ernesto Basile.
Oltrepassato il cancello d’ingresso, si incontra la casa del custode e, dopo aver percorso un viale alberato con un doppio filare di platani, si arriva al maestoso complesso architettonico della Villa. L’edificio è situato in un grande appezzamento di terreno ancora oggi coltivato ad agrumi e ortaggi.
L’edificio è composto da due strutture architettoniche di epoche diverse. Una di origine settecentesca a sinistra rispetto al viale; l’altra risalente agli inizi del Novecento, con caratteristiche architettoniche Liberty, progettata dall’architetto Ernesto Basile.
Damiani Almeyda realizzò un progetto in stile aristocratico borghese, includendo un elegante portico in ghisa e ferro battuto sul fronte principale dell’edificio, realizzato dalla Fonderia Oretea, al posto del tradizionale scalone settecentesco. I pavimenti erano rivestiti da ceramica di pregio. I Florio fecero ammodernare l’intera struttura, con l’inserimento di bagni e di un impianto di riscaldamento che sfruttava delle grandi stufe, di tipo viennese.
Al piano terra trovarono collocazione gli spazi di rappresentanza, con due ampi e luminosi saloni, di cui uno da ballo, con pavimenti in marmo bianco e soffitti a cassettoni lignei ispirati al foyer del Teatro Politeama. Gli ambienti del piano superiore, destinati a residenza, furono restaurati e collegati da una scala in marmo a pianta quadrata.
Sul fronte posteriore dell’edificio, Damiani Almeyda fece erigere una grande terrazza con balaustra in marmo, e una scalinata decorata con le insegne dei Florio (oggi scomparsa) che conduceva al giardino storico settecentesco. Questo giardino era ricco di flora all’italiana, con un impianto geometrico di viali circolari e a raggiera simile a quello di Villa Giulia a Palermo. Fu arricchito con un impianto a emiciclo di cipressi, alberi di alloro, melograno e palme nane, e numerosi elementi d’arredo marmoreo, fontane, e parterre delimitati da siepi di bosso.
Ernesto Basile progetto due nuove opere, costruite alla Fonderia Oretea. Dapprima la caféhouse in ghisa e ferro battuto, con copertura a pagoda e decorazioni vegetali, collocata all’angolo del terrazzo. E poi la splendida scala a chiocciola in ghisa, realizzata da esperte maestranze in stile Liberty, dentro la casa.
Numerosi artisti e decoratori contribuirono all’abbellimento della Villa, tra cui il pittore Antonino Leto. Il noto artista rispose all’invito di Ignazio Florio Senior, e tra il 1880 e il 1881 eseguì un ciclo di pitture murali. Leto dipinse scene di festa, gioco e paesaggi agresti, tra cui quattro grandi pitture murali a tempera sotto il porticato in ghisa all’ingresso: “festa a villa Florio ai Colli”, “tramonto sull’Aia con gatto e gallinacci”, “il gioco della piccola mongolfiera” e “paesaggio con vaso sempre vivi”. Di queste, la più interessante è “Festa a Villa Florio ai Colli”, che rappresenta la terrazza di Villa Florio Pignatelli con vari personaggi della famiglia Florio e i loro amici.
Dal 1891 al 1904, Ignazio Florio Junior, abitò a Villa Florio Pignatelli insieme alla sua famiglia, durante le estati. Fu un periodo felice fino alla morte della sua primogenita, Giovanna, che morì proprio in questa Villa nel 1902. Questo triste evento spinse la famiglia Florio a non tornare più nella Villa.
Nel 1904, i Florio concessero quindi l’intera proprietà in enfiteusi a tre nobildonne francesi, di cui una suora. Nel 1907, il cardinale Alessandro Lualdi acquistò la proprietà per conto dell’Opera Pia Istituto Anna Maria Pignatelli, che trasformò Villa Florio Pignatelli in un educandato per fanciulle povere.
L’Opera Pia deve il suo nome e la sua fondazione alla principessa di Roviano Anna Maria Pignatelli e alla memoria della sua unica figlia morta in giovane età. La nobildonna, nel 1842 aveva disposto nel proprio testamento che i suoi beni fossero gestiti dalla curia per una fondazione che si occupasse della gestione di un educandato per fanciulle povere. Tale istituzione iniziò la sua attività benefica nel 1875 con la creazione dell’educandato presso il Reale Albergo dei Poveri in Corso Calatafimi. La ricerca di nuovi spazi, spinse la fondazione ad acquistare la Villa dei Florio ai Colli, che da allora divenne Villa Florio Pignatelli.
A questo punto Ernesto Basile ampliò la Villa, per ospitare 80 educande, aggiungendo l’edificio in stile Liberty, che comprendeva il refettorio, le cucine e altri servizi. Al primo piano si trovava la zona notte, con cameroni divisi in piccole cellette tramite dei tramezzi. Un corridoio sopraelevato possedeva delle finestre utilizzate per controllare questi cameroni. Inoltre, Ernesto Basile costruì all’ingresso un grande magazzino con annesso pozzo, e sul fondo della proprietà un altro elegante edificio adibito a ulteriore magazzino.
Il piano terra dell’edificio settecentesco invece fu adattato per le nuove esigenze dell’educandato. Si trasformò in cappella, con soffitto a cassettoni lignei e un colonnato marmoreo che divideva l’ambiente in due navate, una delle sale da ballo. L’altro salone venne adibito a sede di rappresentanza dell’Istituto Pignatelli.
Dopo il secondo dopoguerra, si verificò il trasferimento dei ceti borghesi all’esterno delle mura della città. Palermo si espanse disordinatamente, danneggiando i rapporti ambientali e paesaggistici dei parchi urbani. Villa Florio Pignatelli, come tante altre ville, fu privata del suo grande giardino.
Fino al 2000, le suore dell’ordine delle Figlie di San’Anna si occuparono di Villa Florio Pignatelli, e ne preservarono lo stato dei luoghi. L’Opera Pia Istituto Pignatelli e la Curia di Palermo invece, vi svolsero attività sociali e opere benefiche fino al 2004.
Dopo alcuni anni di incuria, durante i quali la villa venne occupata da famiglie extracomunitarie che ne deturparono gli arredi, la Villa è nuovamente gestita da un’istituzione privata. Oggi Villa Florio Pignatelli è gestita dalla Missione Speranza e Carità di Biagio Conte, ed è attualmente abitata da una comunità che si occupa di coltivare i terreni circostanti l’edificio.
Villa Florio Pignatelli, ingresso secondario (foto di A. Patti)
La “Festa a Villa Florio ai Colli” di Antonino Leto
Mentre si sale dalla scala di marmo, il dipinto, posto in alto, cattura l’attenzione per la sua complessità scenografica. La composizione, simile a una fotografia, dà a chi sale la scala la sensazione di entrare nella scena. La scena è inquadrata da un grande telone teatrale rosso, avvolto da rampicanti e fiori primaverili, e un gazebo di legno come cornice.
Sullo sfondo si vede la terrazza di Villa Florio Pignatelli, con tappeti pregiati appoggiati alla balaustra. Alla balaustra si affacciano diversi personaggi, tutti elegantemente vestiti: amici e membri della famiglia Florio, i veri protagonisti della festa, che si godono il “guardare per essere guardati”. Dai loro volti traspare la gioia di vivere.
Leto ha rappresentato i piccoli Ignazio Junior, con un mazzetto di fiori in mano, e Giulia, che si sporgono felici per ammirare gli animali nel giardino rigoglioso. Accanto a loro, vestito alla marinara e con un’espressione seria e distaccata, c’è il fratello maggiore Vincenzo, morto nel 1879 di tubercolosi a 12 anni. Questo ritratto è un omaggio del pittore al giovane scomparso l’anno prima dell’inizio del suo lavoro nella Villa. Vicino ai bambini, appare la madre, donna Giovanna, con uno sguardo tenero e apprensivo.
Nel gruppo a destra si vedono probabilmente le sorelle di Ignazio senior, Angelina e Giuseppina Florio, insieme al volto, quasi nascosto, di Antonino Leto, che osserva la scena festosa come se fosse dietro le quinte di un palcoscenico. Nel gruppo a sinistra, due personaggi scherzosi osservano la figura imponente di Eleonora d’Ondes Trigona, suocera di Ignazio Senior.
Ignazio Florio Senior è ritratto mentre fuma un sigaro, lo sguardo sereno, i modi autorevoli ed eleganti. Dietro il piccolo Vincenzo, si distingue il profilo del dottor Vincenzo Cervello, illustre ricercatore e medico di fiducia della famiglia. È ritratta perfino Cli-cli, la scimmietta dei bambini, che tiene un gruppo di palloncini che fluttuano nel cielo primaverile.
Il quadro è ricco di personaggi, elementi naturali e un’atmosfera spensierata tipica della Belle Époque palermitana. Esso riflette chiaramente il clima e i ritmi di casa Florio, ricordando la vita festosa e frivola della Parigi di fine anni ’70, dove Leto visse nel 1879.
Bibliografia e sitografia
- Daniela Brignone (a cura di), I luoghi dei Florio. Dimore e imprese storiche dei “viceré di Sicilia”, Rizzoli, Prato 2022;
- Orazio Cancila, I Florio. Storia di una dinastia imprenditoriale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2019;
- Vincenzo Prestigiacomo, I Florio. Regnanti senza corona, Nuova Ipsa Editore, Palermo 2020.