Non tutti i Paesi del mondo aderirono a uno dei due blocchi: nel 1955 fu fondato il Movimento dei non allineati, composto da India, Indonesia, Jugoslavia, da quasi tutta l’Africa e da vari altri Stati, che intendevano mantenersi equidistante. Nei fatti, però, tutti i Paesi subirono in qualche modo le ingerenze delle due superpotenze.
La tensione raggiunse l’apice nel biennio 1961-1962. Nel 1961 a Berlino, poiché un numero sempre maggiore di cittadini si trasferiva dall’Est all’Ovest, le autorità della Germania orientale e dell’URSS fecero costruire il muro che sarebbe restato per anni il simbolo della Guerra Fredda.
L’anno successivo, il 1962, l’installazione di missili russi a Cuba, dove il governo di Fidel Castro, inviso agli USA si era avvicinato a Mosca, portò il mondo sull’orlo della guerra nucleare.
La Guerra Fredda comportò l’investimento di enormi risorse in armamenti da parte di entrambe le parti in causa. L’arma più importante fu la bomba atomica, costruita dagli Stati Uniti nel corso della Seconda Guerra Mondiale e dall’Unione Sovietica nel 1949. La corsa a dotarsi di armi sempre più potenti fece sì che fossero costruiti arsenali atomici sufficienti a cancellare potenzialmente la vita dal Pianeta.
Dagli anni ’50, pertanto, la guerra nucleare entrò nell’immaginario collettivo, diventando una preoccupazione diffusa in tutto il mondo. Tra USA e URSS si instaurò un equilibrio del terrore, che garantì che la Guerra Fredda non si trasformasse in uno scontro diretto: entrambi i contendenti sapevano che un conflitto militare sarebbe troppo distruttivo anche per il vincitore.
L’inizio degli ’80 fu un ulteriore periodo di forte tensione. Nel 1983, un’esercitazione della NATO in Europa, l’operazione Able Archer, fece temere ai sovietici che stesse per essere lanciato un attacco nucleare contro di loro. Il mondo fu di nuovo sull’orlo della guerra atomica, anche se, a differenza della crisi di Cuba, le notizie non divennero di pubblico dominio e non si diffuse il panico.
La situazione cambiò dopo il 1985, quando alla guida dell’URSS salì Michail Gorbačëv, che avviò una politica di riforme all’interno e instaurò rapporti più distesi con l’Occidente. Reagan e Gorbaciov firmarono un trattato sulla limitazione dei missili. Il sistema sovietico, però, per molti aspetti si era dimostrato arretrato rispetto al suo rivale, in particolare per il tenore di vita dei cittadini e la mancanza di libertà civili.
La cortina di ferro crollò poco prima della dissoluzione dell’Unione Sovietica; in particolare il suo smantellamento iniziò in Ungheria il 2 maggio 1989, con la rimozione della barriera al confine con l’Austria. Già nell’aprile dello stesso anno il governo ungherese aveva ordinato che la cortina di ferro ungherese venisse privata dell’elettricità.
Dopo aver ricevuto un informale nulla osta da Gorbačëv, che il 3 marzo 1989 disse “non ci sarà un nuovo 1956”, il governo ungherese annunciò e contestualmente avviò a Rajka, nella località delle “tre frontiere”, al confine con Austria e Cecoslovacchia, la distruzione della cortina di ferro. L’ultimo tratto della cortina fu abbattuto con una cerimonia ufficiale, alla quale parteciparono anche le massime autorità della Repubblica Federale d’Austria, il 27 giugno 1989, che ebbe la funzione di richiamare alla libertà tutti i popoli europei ancora sotto l’influenza dei regimi nazional-comunisti.
Altri momenti importanti del processo di smantellamento della cortina di ferro da parte dell’Ungheria furono il cosiddetto picnic paneuropeo e l’esodo di migliaia di cittadini della DDR (iniziato nel giugno 1989), che condurrà alla caduta del Muro di Berlino e poi allo scioglimento dell’Unione Sovietica e alla dissoluzione della Jugoslavia. Di fronte all’ingresso della Casa del Terrore a Budapest, un monumento rappresentante una barriera di catene ricorda tale evento.
Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ad oggi non è stato costruito nessun edificio a ridosso della ex cortina di ferro. Nel corso degli anni, in quelle zone la natura ha avuto la possibilità di svilupparsi autonomamente, dando vita a numerosi parchi naturali.
Da quando poi il significato pratico della cortina di ferro è venuto meno, col cessare cioè della Guerra Fredda, questo corridoio naturale transnazionale ha preso diversi soprannomi volti ad esprimerne la nuova identità di stampo ambientale, tra cui “cortina verde” e “cintura verde europea” (European Green Belt). Ed è ora attraversato per tutta la lunghezza dal percorso ciclistico EuroVelo 13.
Con il rilassamento della contrapposizione tra le nazioni del “mondo libero” e quelle dietro la cortina di ferro, e con la fine della Guerra Fredda, il termine viene ormai usato solo in ambito storico, con l’augurio che tutto rimanga un ricordo fra i testi!