Quando pensiamo alla realtà virtuale, ci vengono in mente solo scenari iper tecnologici e futuristici. A dire il vero, la realtà virtuale si innalza come un ponte tra passato e futuro, aprendo nuovi orizzonti per la fruizione del patrimonio culturale.
Il nostro patrimonio culturale è fatto di reperti archeologici, dipinti, sculture, resti architettonici, e tanto altro. Manufatti che spesso ammiriamo nelle teche dei musei delle nostre città. Lì vengono custoditi perché contengono un significato culturale, consapevolmente riconosciuto dalla comunità, e che merita di essere valorizzato.
Valorizzare il patrimonio culturale significa studiarne il valore e trasmetterlo alla comunità, abbattendo quel metaforico muro che separa il manufatto dalle persone. Quindi la valorizzazione implica sia la gestione, la cura per la conservazione e la tutela del patrimonio culturale. Sia il suo sfruttamento, attraverso la pubblica fruizione.
In particolare, la fruizione del patrimonio culturale mira a far comprendere il valore culturale di un manufatto. Perché questo avvenga, è necessario trovare un’adeguata via di comunicazione tra gli studiosi e i fruitori, che di solito avviene dentro un museo. Oggi può avere luogo anche in un museo digitale.
Il museo digitale è un ambiente che espande e proietta il museo fisico, ne sostiene l’attività e può facilitare l’accesso al patrimonio culturale. Sempre più spesso infatti, i musei fisici si dotano di uno spazio digitale, che serve a espandere lo spazio reale. Attraverso la digitalizzazione dei suoi contenuti, il museo offre nuove informazioni sulla sua collezione. Questo può essere utile, ad esempio, per le opere non visibili fisicamente, perché conservate nei depositi, oppure in restauro o in prestito.
Supportato dalle ICT (Information and Communications Technology), il museo digitale può contenere oggetti tangibili e reali, ma distanti nello spazio, oppure oggetti non esistenti nella realtà, costruiti digitalmente e fruibili solo virtualmente. Il patrimonio culturale (materiale e immateriale) e le ICT sono ormai due universi in stretta collaborazione.
Oggi esistono tante e diverse applicazioni della realtà virtuale al servizio della mediazione del patrimonio culturale, anche attivate presso musei. Sistemi accessibili attraverso postazioni multimediali, schermi touch, dispositivi come gli smartphone, i tablet, i visori, oppure ambienti come i musei virtuali.
Il “Museo Virtuale” è un contenitore di riproduzioni digitali di oggetti realmente esistenti e/o assolutamente digitali. Invece, il “Museo Digitale” ha uno spazio fisico, ma utilizza installazioni digitali e interattive, collegate a oggetti e spazi reali. Senza contare che esiste anche il “Museo con interfaccia di partecipazione”, quando lo spazio reale viene integrato attraverso l’accesso a contenuti digitali visualizzabili tramite dispositivi per la realtà virtuale e/o aumentata.
In questo senso,con “realtà virtuale” si intende la rappresentazione digitale di ambienti e oggetti ottenuta grazie a una ricostruzione grafica fortemente realistica, perché basata su dati storici e archeologici. Chiaramente, gli oggetti digitali possono anche non esistere davvero, ma l’applicazione virtuale dà la percezione che possano esistere nella realtà.
Nell’ambito del patrimonio culturale, l’applicazione della realtà virtuale mescola tradizione e innovazione. La realtà virtuale al servizio del patrimonio culturale invita il visitatore a un viaggio nel tempo, che va ben oltre il semplice sguardo, arricchendo la sua esperienza personale.
La realtà virtuale può creare un ambiente espositivo immersivo per una fruizione personalizzata che rende unica l’esperienza. L’immersività è una caratteristica molto importante, perché sfrutta quella dimensione corporea e sensoriale che è molto rilevante nei processi di apprendimento, in tutti i contesti. Ma non bisogna esagerare: un livello d’immersività eccessivamente elevato può provocare un eccessivo coinvolgimento. Nell’esperienza virtuale non bisogna mai dimenticare di essere immersi in una realtà virtuale ipotizzata e discutibile.
D’altro canto, la realtà virtuale applicata al patrimonio culturale offre la possibilità di creare una visita al museo maggiormente formativa,proprio perché unica ed emozionante. Tale da dover essere condivisa; specialmente in un periodo come quello in cui viviamo, nel quale ognuno vuole raccontare e raccontarsi attraverso i social media.
Ugualmente, l’esperienza in realtà virtuale può essere più o meno percettiva e cognitiva. Queste caratteristiche si basano sul livello di realismo, sulla facilità di accesso e sulla quantità delle informazioni che l’esperienza offre.
Senza dubbio, ogni esperienza ha bisogno di essere attraversata da un filo narrativo e collocata in una dimensione narrativa stabile. Attraverso il pensiero narrativo, la mente umana può immaginare, interpretare, comprendere, elaborare un evento e/o un oggetto. In questo senso, la narrazione rende possibile la rielaborazione, l’immedesimazione e la rievocazione. Soltanto così l’evento e/o l’oggetto viene collocato in un contesto socio-culturale, in una storia (personale e sociale), che gli conferisce significato. E così può diventare esperienza concreta e personalizzata, da interiorizzare e da condividere.
La realtà virtuale al servizio del patrimonio culturale mira a raggiungere e interessare un maggior numero di visitatori: come i giovani (nativi digitali) e coloro che sono impossibilitati a raggiungere il museo fisico. Anche a questi pubblici deve essere consentito di iniziare un percorso educativo a lungo termine, e stimolarne la partecipazione.
Quindi i musei virtuali e digitali sono strumenti che permettono di abbattere le barriere, come quella della diffidenza verso un luogo considerato “noioso”. In sostanza, possono offrire l’accessibilità al patrimonio artistico e culturale.
Lo scopo di un museo è creare una relazione tra gli oggetti che conserva e il visitatore che ne usufruisce. La sua funzione è educativa e formativa perché deve stimolare il visitatore alla riflessione critica e all’interpretazione creativa. Nel museo digitale tutto questo avviene attraverso mezzi di comunicazione multimediali e multimodali.
Le risorse e i contenuti digitali permettono di esplorare e di approfondire l’osservazione di un bene culturale, di accedere ai contenuti informativi relativi, e quindi di interagire col patrimonio culturale in maniera creativa. Attraverso ambientazioni digitali immersive, antiche rovine e musei si trasformano in spazi interattivi dove storia e tecnologia si fondono, permettendo a chiunque di rivivere emozioni e storie altrimenti inaccessibili.
Un esempio di Museo Digitale è la nuova realtà museale di Monreale: La Fabbrica di Guglielmo, del quale abbiamo parlato in un recente articolo di questa rivista. Per il mondo dell’arte basti pensare alla mostra immersiva multimediale e sensoriale dedicata a Monet e a gli Impressionisti. In campo archeologico invece, esistono esperienze immersive come quella messa in atto durante la mostra “Sicilia-Grecia-Magna Grecia. E dunque, quello che cercavo sono” al Museo Archeologico Regionale Antonino Antonino di Palermo. Degne di nota sono il Virtual Reality Bus e la Circo Massimo Experience a Roma (la prima in realtà virtuale, la seconda in realtà mista).
Il visitatore diventa così un custode della memoria del passato, da tutelare e tramandare. Il fine ultimo è diventare artefici di un progetto per il futuro che abbia al proprio centro il rispetto per il bene comune (in senso patrimoniale e valoriale).
Come ricordato, per valorizzare il patrimonio culturale bisogna che ne venga riconosciuto il valore culturale. Affinché ciò avvenga un oggetto deve essere conosciuto profondamente, e riconosciuto dalla comunità alla quale appartiene che ne diventa responsabile. In questo modo sarà possibile sviluppare un senso di responsabilità sociale e stimolare la partecipazione alla cittadinanza attiva e democratica.


a Roma

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Fotografie e video di Antonietta Patti