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Alla corte dello chef Nino Ferreri “Stella Michelin”

by Mario Liberto
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Il press tour con i colleghi giornalisti di Bio in Sicily 2023 allo stellato ristorante Līmū di Bagheria, si rivela un grande trionfo del gusto.

Tralasciando la naturale modestia, il garbo raffinato e l’umiltà dei grandi, Nino Ferreri può essere ritenuto un talento gastronomico. Līmū, che in arabo-persiano significa limone, è anche il nome del suo locale ubicato nel piano terra della Torre Ferrante, l’antico torrione di guardia nel cuore di Bagheria: “Città delle ville, della cultura e del gusto”.

Le pietanze da degustare sono semplici e naturali, presentate con una coreografia che si intona con l’arredo sobrio ed elegante del locale.

Nino si caratterizza per le sue vivande abbastanza singolari che costituiscono l’intermediazione della sinergia che ha reso famosa la cucina siciliana: la naturalezza dei prodotti e l’attenzione ai dettagli.

Quello che emerge istantaneamente è il connubio tra tradizione e innovazione, tratti distintivi di una concezione gourmet, che ha reso famosa la cucina dei grandi cuochi internazionali.

I due termini molto spesso considerati antitetici, non rappresentano soltanto due estremi di un concetto ideologico, ma due modi diversi di guardare il mondo.

La fusione di questi due modi di concepire la cucina, fa scaturire la gastronomia di Ferreri, caratterizzata per l’uso di ingredienti freschi e di alta qualità, la cui genuina preparazione, senza scenografie eccentriche e sapori stucchevoli, riesce a mettere in evidenzia esclusivamente il sapore dei prodotti naturali utilizzati.

Pietanze prelibate di una cucina che trova elementi distintivi nella cultura italiana gourmet. Nino è sulla scia di questa consapevolezza del gusto che non ha confini nè limiti geografici.

La sua capacità sta anche nell’arte di sapere scomporre e ricomporre i medesimi alimenti, quelli semplici, genuini, mediterranei in altri con una identità innovativa e rigenerativa del gusto.

I semplici alimenti di una cucina sobria, come i delicatissimi fiori di zucchina, prerogativa della cucina ebraica, che vengono utilizzati come rifugio di tranci di sgombro rimaneggiato e  delicatamente aromatizzato che fa da contorno ad una lineare listarella di sgombro ricoperto di zucchine arricchite da un’impercettibile salsa all’agrodolce.

Straordinario è il risotto con il gambero bianco, disposto a tocchetti colorati da una polvere di pomodoro mantecato.

Il limone, prodotto identitario bagherese, con la sua tenue acidità fa da legante e rende i piatti freschi e odorosi.

La sua cucina non è stucchevole e gli aromi sono amalgamati sapientemente in una assonanza di sapori che mirabilmente non snaturano la materia prima.

Una materia prima la cui mediterraneità prelude a pulizia e  freschezza dei piatti pur mantenendo la godibilità di ogni singolo ingrediente e preparazione; ognuno non sovrasta l’altro, ma insieme, riescono ad esprimere l’equilibrio gustativo.

I suoi piatti traspirano di territorio quello della florida “Piana d’Oro”, la sola in grado di avere saputo condizionare la ricchezza delle famiglie nobiliari bagheresi.

Traspare inoltre quel gusto francese dei Monsieur le Chef quelli che dettarono indicazioni gastronomiche dopo la rivoluzione del gusto Settecentesca che soppianterà e protrarrà nel Regno delle Due Sicilie, l’abbandono della cultura gastronomica medievale.

Il calice di vino del vitigno Grillo raccolto prematuro e sapientemente vinificato dalle Cantine Brugnano di Partinico, oltre ad allietare la compagnia e esaltare il pasto, ha consentito di potere brindare a questa comunità baariota che con Nino Ferreri rafforza l’appellativo di Bagheria città: “delle Ville, della Cultura e del Gusto”.

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