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Francesco Crispi: protagonista del Risorgimento italiano

di Esther Di Gristina
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Francesco Crispi protagonista del Risorgimento italiano COPERTINA

Francesco Crispi nacque il 4 ottobre 1818 a Ribera, in provincia di Agrigento, da una famiglia di modeste condizioni economiche. Suo padre, Tommaso Crispi, era un medico. Dopo aver completato gli studi secondari, Crispi si laureò in giurisprudenza all’Università di Palermo nel 1837, iniziando la sua carriera come avvocato. Tuttavia, fin da giovane mostrò un forte interesse per la politica e il giornalismo, che lo avrebbero portato a diventare una delle figure più influenti del Risorgimento italiano.

Crispi fu un fervente patriota e uno dei principali artefici del movimento risorgimentale. Partecipò attivamente ai moti del 1848, contribuendo all’insurrezione di Palermo contro il dominio borbonico. Dopo il fallimento della rivoluzione, fu costretto all’esilio, trovando rifugio prima a Marsiglia e poi a Torino, dove continuò a operare per la causa italiana. In questi anni, Crispi entrò in contatto con altre figure di spicco del Risorgimento, tra cui Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi, con cui collaborò strettamente durante la spedizione dei Mille del 1860, che portò all’annessione della Sicilia al Regno di Sardegna.

Dopo l’Unità d’Italia, Crispi intraprese una carriera politica di primo piano. Nel 1861 fu eletto deputato nel primo Parlamento del Regno d’Italia, rappresentando inizialmente la sinistra democratica. Nel corso degli anni, il suo pensiero politico si evolse, avvicinandosi progressivamente alle posizioni della Destra storica. La sua abilità politica e il suo carisma lo portarono a ricoprire diverse cariche governative, culminando nella nomina a Presidente del Consiglio dei Ministri nel 1887.

Francesco Crispi fu Presidente del Consiglio per due mandati: il primo dal 1887 al 1891 e il secondo dal 1893 al 1896. Durante i suoi governi, Crispi attuò una serie di riforme che miravano a modernizzare l’Italia, rafforzando le istituzioni e promuovendo lo sviluppo economico. Tra le sue iniziative più significative vi furono la riforma della pubblica amministrazione e l’introduzione del codice penale Zanardelli, che rappresentò un importante passo avanti nella legislazione italiana.

Uno degli aspetti più controversi della politica di Crispi fu la sua ambizione coloniale. Egli perseguì con determinazione l’espansione italiana in Africa, concentrandosi principalmente sull’Eritrea e sulla Somalia. Questa politica culminò tragicamente nella disastrosa sconfitta di Adua nel 1896, durante la guerra d’Abissinia, che segnò la fine del sogno coloniale italiano e contribuì alla caduta del secondo governo Crispi.

In ambito internazionale, Crispi cercò di rafforzare l’alleanza con le potenze europee, in particolare con la Germania e l’Austria-Ungheria, attraverso la Triplice Alleanza. Questa politica mirava a garantire la sicurezza dell’Italia e a consolidare la sua posizione nello scacchiere europeo, ma fu anche oggetto di critiche per il suo carattere aggressivo e imperialista.

Dopo la sconfitta di Adua e le crescenti tensioni sociali interne, Crispi perse gran parte del suo sostegno politico e popolare. Nel 1896 fu costretto a dimettersi e ritirarsi dalla vita politica attiva. Gli ultimi anni della sua vita furono segnati da una crescente emarginazione e da gravi problemi di salute. Morì a Napoli il 12 agosto 1901.

L’opinione su Francesco Crispi è stata sempre divisa. Da un lato, è ricordato come un patriota determinato e un abile statista, capace di guidare l’Italia attraverso importanti trasformazioni. Dall’altro, le sue politiche coloniali e il suo autoritarismo gli valsero numerose critiche, sia in vita che postume.

In Sicilia, sua terra natale, Crispi è visto con un misto di orgoglio e risentimento: orgoglio per aver dato i natali a uno dei protagonisti del Risorgimento, risentimento per alcune sue decisioni politiche controverse.

Francesco Crispi rimane una figura complessa e controversa nella storia italiana, il cui contributo al Risorgimento e alla politica del giovane Regno d’Italia è innegabile, ma la cui eredità continua a suscitare dibattiti e riflessioni.

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