Frida Kahlo nasce in un sobborgo di Città del Messico, il 06 luglio 1907, da padre tedesco-ungherese ed ebreo, di professione fotografo e madre messicana, di famiglia benestante. Benché Frida vide la luce nel 1907, amava dire di essere nata tre anni dopo, perché si sentiva figlia della rivoluzione messicana che ebbe inizio proprio in quell’anno, quando gli insorti presero le armi per rovesciare il sistema totalitario militare del Presidente-Generale Porfirio Diaz e che ebbe fine nel 1917 con la proclamazione degli Stati Uniti Messicani. Gli scontri continuarono fino al 1920, nonostante la promulgazione della Costituzione e la nascita nel nuovo Stato, che ebbe inizio nel 1917. Il motivo della rivoluzione è da ricercare nell’incapacità del sistema dittatoriale di Diaz di concedere uguali diritti a tutti gli strati della popolazione messicana e all’opposizione politica al regime, benché durante la dittatura il Messico conobbe una notevole crescita economica. E le elezioni presidenziali del 1910 costituirono la miccia che fece scoppiare il dissenso e quindi la ribellione del paese. E’ stata una vita tormentata e sfortunata quella della pittrice Frida. Già da bambina soffriva di una malformazione del midollo spinale (la sorella minore soffrì della stessa patologia). La gente che la conosceva e i suoi genitori, per sua sfortuna, non avevano capito la serietà delle condizioni di salute della figlia e scambiarono quella malattia (che l’artista chiamava “rottura” per sdrammatizzare il problema) per poliomielite. Frida manifestò da subito una forte personalità e si mostrò avversa a qualsiasi convenzione. Possedeva uno spirito libero e anticonvenzionale ed era sofferente a quelle che essa stessa riteneva fossero delle imposizioni della società della sua epoca. Il talento per l’arte e in particolare per la pittura si sarebbe rivelato da lì a pochi anni, insieme a un forte temperamento ribelle, anticonformista e indipendente. Donna coraggiosa e forte, dunque, specialmente per quell’epoca e per quel sistema poco democratico, ove ribellarsi ai dettami imposti dal sistema politico veniva visto come un affronto alle regole imposte dal regime.
Intraprese gli studi in una scuola tedesca, il “Collegio Aleman”, e appena quindicenne ebbe la vocazione di diventare medico, iscrivendosi alla “Escuela Nacional Preparatoria”. Ancora non aveva subito il fascino dell’arte della pittura, sebbene fin da bambina aveva iniziato a concepire quell’arte figurativa. Alla scuola simpatizzò con studenti appartenenti al socialismo nazionale, che avevano come segno distintivo un berretto. Venivano chiamati Chachuchas. La giovane trascorreva parte del suo tempo a dipingere per svago i volti dei suoi compagni di studio. Gli studenti si occupavano prevalentemente di letteratura e avevano come personaggio di riferimento uno studente di diritto e giornalista, un certo Alejandro Gomez Arias, capo spirituale e ispiratore dei Chachuchas, e di cui la futura artista s’invaghirà.
Ma i suoi guai l’aspettarono in quel settembre del 1925, quando Frida insieme al suo amato Alejandro salì su un autobus per far ritorno a casa. Il veicolo ebbe un disastroso incidente con un tram e finì la sua corsa contro un muro. L’incidente fu gravissimo per la giovane, che le si spezzò in tre punti la colonna vertebrale, nella regione lombare; il collo del femore e le costole furono frantumate e il passamano le trafisse l’anca sinistra. Subì ben 32 operazioni chirurgiche e fu dimessa dall’ospedale col busto ingessato e costretta ad un riposo forzato nel suo letto di casa. Quel drammatico incidente che poteva costarle la vita fu l’inizio, insieme al suo difetto neonatale, di forti sofferenze fisiche, ma che la spinsero alla lettura di libri sul comunismo e a coltivare la sua passione per la pittura, di cui fece un suo primo autoritratto, regalandolo al suo amato Alejandro. Fu probabilmente il suo primo lavoro, che eseguì grazie ad un regalo ricevuto dai suoi genitori: un letto a baldacchino, uno specchio posto nel soffitto della sua stanza proprio sopra al suo letto di degenza, che rifletteva la sua immagine e una tavolozza con dei colori. In seguito, l’artista faceva viaggiare la sua fantasia, completando il suo autoritratto in varie pose che lei avrebbe potuto assumere e con abiti che avrebbe potuto indossare se non avesse subito quel terribile incidente che le segnò per sempre la sua esistenza. Affermava che dipingeva sé stessa perché “era il soggetto che conosceva più degli altri”. Quando le fu tolto il gesso, riuscì a camminare con dolori che la perseguitarono per tutta la vita. Per sostenere finanziariamente la sua famiglia, decise di farsi conoscere artisticamente. Quindi, pensò che era utile fare vedere i suoi autoritratti ad un certo Diego Rivera, apprezzato e conosciuto muralista messicano, comunista, famoso per la tematica politica e sociale che rivelavano i suoi murales prevalentemente negli edifici pubblici. L’artista Rivera fu folgorato nel vedere i dipinti di Frida Kahlo che riteneva fossero, giustamente, dei capolavori e che svelavano il grande talento innato della pittrice. Fu così che la inserì nel mondo artistico e culturale messicano e Frida diventò anche un’attivista del Partito Comunista Messicano e partecipò a numerose manifestazioni politiche. S’innamorarono l’uno dell’altra alla follia, in maniera dirompente. Frida divenne presto una delle Muse predilette di Diego. Per lui Frida era una giovane artista rivoluzionaria che osservava il mondo e gli avvenimenti dell’epoca. Per Frida Diego era il figlio che non aveva potuto avere. Quando due forti personalità s’incontrano e s’innamorano l’uno dell’altra è quasi un miracolo tenerle unite. Una forte personalità va sempre d’accordo ed è quasi sempre in sintonia con una meno forte. E se alla personalità forte aggiungiamo personaggi che si sono rivelati geni nelle loro opere ed hanno vissuto ancor più una vita sregolata, allora il miracolo di tenere unite queste due personalità è davvero arduo.
Quando si sposarono, nel 1929, lei sapeva che lui l’avrebbe tradita più volte, perché, nonostante il suo futuro marito avesse un aspetto per nulla piacente, aveva un qualcosa che affascinava le donne e lui non si tirava mai indietro.
Si poteva definire un vero e proprio maliardo. Seduceva le donne che conosceva anche negli ambienti culturali e artistici. E, infatti, i tradimenti furono all’ordine del giorno. Il suo matrimonio ebbe alti e bassi e fu contraddistinto da litigi, incomprensioni, relazioni extraconiugali, sofferenze. Un amore tormentato. Il marito aveva altri due matrimoni alle spalle ed entrambi naufragarono per la sua condotta di uomo donnaiolo.
Anche Frida, però, tradì il marito, sia con uomini, sia con donne. Lei si decise a diventare un’attivista del partito comunista messicano, non solo per ideologia politica e sociologica, ma anche per ottenere una propria emancipazione. L’indipendenza e l’autodeterminazione delle donne che frequentavano gli ambienti politici avrebbero spinto Frida Kahlo a unirsi a loro, e la giovane artista ne subì il fascino a tal punto che con alcune di loro ebbe anche rapporti omosessuali.
Furono commissionati a Diego due lavori negli Usa. Un murales in un muro all’interno del Rockfeller Center di New York e gli affreschi per l’Esposizione universale di Chicago. Ma Rivera ebbe l’infelice idea di rappresentare Lenin in uno dei volti degli operai nell’affresco al Rockfeller Center. E così, gli furono revocate tali commissioni. A New York Frida Kahlo si accorse di essere rimasta incinta, ma ne seguì dopo poco tempo un aborto spontaneo. Era il suo fisico debole ad averle probabilmente procurato l’aborto. La delusione fu cocente e i due sposi decisero di tornare in Messico. Abitarono dunque in due case separate e per avere dei loro spazi ove produrre la loro arte in piena libertà, decisero di vivere separatamente. Le due case erano collegate tra loro da un ponte per consentire ai due di vedersi, quando non erano occupati nella loro professione artistica. Nel 1939 i due coniugi si separarono. La causa fu il tradimento di Diego nei confronti della moglie, e cosa peggiore, di averla tradita con la sorella di lei. Scrisse una volta Frida nel suo diario che vi erano stati due grandi incidenti nella sua vita: il terribile incidente nell’autobus che la conduceva a casa e che le lasciò segni indelebili per tutta la vita e l’incontro con quello che sarebbe diventato suo marito, di cui lei era veramente innamorata: Diego Rivera.
A quell’epoca, solo in pochi compresero profondamente la vena artistica di Frida, tra cui Diego, che era certo che la sua amata avesse lavorato a dei capolavori senza precedenti. Mai prima d’allora una donna aveva dipinto su tela opere così preziose da essere definite poesie angoscianti. Nei suoi dipinti traspare autenticità, sofferenza e crudeltà. Un anno dopo Rivera tornerà dalla ex moglie per convincerla a stare nuovamente con lui, dicendole che non aveva mai smesso di amarla. Lei si convinse e tornarono insieme, risposandosi a San Francisco, quello stesso anno, nel 1940. Frida dal marito ereditò lo stile naif, che la portò a eseguire piccoli ritratti di arte popolare, intenta com’era ad affermare la propria identità messicana, che lei volutamente manifestava anche nel vestiario.
S’ispirava al costume esistente in una zona del Messico ove vigeva un sistema matriarcale, dove comandavano le donne, e gli uomini erano da queste derisi. Se andiamo a ritroso, e precisamente nel 1938, dovremmo collocare le opere della Kahlo nel movimento artistico del surrealismo. La sua attività s’intensifica e non si limita più a rappresentare la sua sofferenza fisica dovuta agli incidenti subiti, ma interiorizza quella relazione che essa ha con il mondo esterno, trasferito dunque all’interno della sua coscienza. È interessante, peraltro, osservare nei suoi autoritratti la presenza di un bambino, che in realtà rappresenta essa stessa. In quello stesso anno del 1938, il poeta e saggista surrealista André Breton fu talmente colpito dalla sua arte che le propose una mostra a Parigi, che le fu dedicata l’anno dopo, e la collocò come artista surrealista, affermando che la rivelazione Frida “si era fatta con le proprie mani”. L’ancor giovane artista visse per un breve periodo nella Ville Lumière e, nonostante vivesse una vita piena di frequentazioni nei caffè e nei night club e frequentasse esponenti surrealisti, si convinse che la città era decadente. Parigi non era come si aspettava. Sebbene l’avessero etichettata come un’artista surreale e quindi avrebbe ottenuto dai critici largo consenso, essa preferiva essere considerata un’artista originale, fuori da schemi e canoni preconfezionati. Insomma, un’artista indipendente, come lo era stata nella sua vita. Una sua opera che più di tutte può essere accostata al surrealismo fu il suo quadro dal titolo: “Ciò che l’acqua mi ha dato”. È un insieme di immagini, di paura, memoria, sessualità, dolore, che galleggiano in una vasca da bagno e da cui affiorano le sue gambe. Pare di vedere qualche opera di Salvador Dalì nel suo quadro, specialmente per quanto riguarda i dettagli, ove Frida si sofferma a delinearli con estrema accuratezza. Si potrebbe definire anche surrealista un suo diario che essa incominciò a scrivere nel 1944 e tenuto fino alla morte. Il diario è una sorta di monologo in cui s’intrecciano frasi e immagini, che cominciano sempre con una macchia d’inchiostro o una linea, come se volesse forse inconsapevolmente controllare o verificare le sue nevrosi. In realtà, Frida Kahlo non era surrealista, come l’aveva definita Breton, ma assurgeva più prettamente al simbolismo, perché i suoi autoritratti non erano un modo per uscire dalla logica e immergersi nel subconscio, ma erano piuttosto il prodotto della sua vita che lei cercava di rendere accessibile attraverso il simbolismo. Essa aveva del surrealismo un’idea giocosa. Diceva che il surrealismo era “la magica sorpresa di trovare un leone nell’armadio dov’eri sicuro di trovare le camicie”. E, forse perché il surrealismo non era più seguito negli anni quaranta ed era stato accantonato, Frida qualche anno dopo negò violentemente di aver preso parte al movimento. Sostenevano i simbolisti francesi del XIX secolo che la verità non poteva essere raggiunta attraverso la percezione del reale, ma tramite l’intuizione, ovvero senza la mediazione della razionalità.
Nel 1953 attirò molto l’opinione pubblica il caso dei coniugi Rosenberg, condannati a morte per presunto spionaggio a favore dell’URSS. Frida, colpita dalla vicenda, fu tra i firmatari della grazia dei due coniugi Rosenberg, insieme ad altri artisti, tra cui Pablo Picasso e ad alcuni dei migliori intellettuali dell’epoca, tra cui Jean Paul Sartre, lo stesso marito Diego Rivera, Bertolt Brecht, Simone de Beauvoir e persino Papa XII (che ha ricevuto il titolo di “servo di Dio”, nel 1990, a conclusione della prima fase di beatificazione e il titolo di “venerabile”, nel 2009, a conclusione della seconda fase di beatificazione). Ma la petizione non sortì l’effetto sperato e i due coniugi Rosenberg vennero giustiziati.
Frida Kahlo morì a soli 47 anni per una embolia polmonare, nel 1954. L’anno precedente, le fu amputata una gamba per una infezione sviluppatasi in cancrena. Fu cremata e le sue ceneri vengono conservate nella sua Casa Azul, oggi sede del Museo Frida Kahlo. Le ultime parole che scrisse nel suo diario furono di “dare l’addio alla vita in modo gioioso e di non tornare mai più”. Si ritiene, ad ogni modo, che la grande artista amava la vita, nonostante i suoi innumerevoli travagli fisici sopportati con ammirevole rassegnazione, tipica di una donna manifestamente forte e determinata, e delusioni amorose cocenti. Sicuramente una donna sfortunata, ma piena di vita e di passioni travolgenti, che ebbe modo di viverle pienamente. E ne è prova quello che rappresenta la sua arte, nella sofferenza e nelle poche gioie vissute per tempi molto brevi, ma pregne d’amore dato e ricevuto. Una sofferenza lancinante, oltre a quelle fisiche, fu quella di non aver potuto mettere al mondo dei figli.
Tre importanti esposizioni che le hanno dato meritata fama furono a lei dedicate, nel 1938 a New York, l’anno dopo a Parigi e soltanto un anno prima della morte, nel luogo ove era nata, a Città del Messico. I suoi autoritratti sono lo specchio del suo immobilismo, della sua malformazione congenita, delle sue delusioni amorose. Ma ogni qualvolta riceveva amore era verità sacrosanta, così quando ricambiava il sentimento d’amore. Non sfugge ad un attento osservatore che sia nelle foto, sia nei suoi autoritratti, mai accenna pur minimamente a un sorriso, sconfortata per le sue invalidità fisiche e per la sua vita travagliata, che solo l’arte riusciva in parte a darle conforto morale. Icona del femminismo, essa diede un grandissimo contributo al modernismo delle donne e alla loro emancipazione.
Frida Kahlo è stata la prima donna latinoamericana ad essere effigiata su un francobollo degli Stati Uniti d’America, emesso nel 2001. Per l’occasione, è stato scelto un autoritratto dell’artista eseguito nel 1933.