I FLORIO. Villino Florio

Il Villino Florio è un’opera unica del suo genere: un edificio in stile Liberty che ancora oggi è considerato uno dei capolavori dell’Art Nouveau a livello europeo. I disegni della sua progettazione suscitarono interesse e ammirazione alla Prima Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa, svoltasi a Torino nel 1902.

Il Villino Florio era dedicato alla memoria del primogenito di Ignazio Senior e Giovanna d’Ondes, quel Vincenzo che morì a soli 12 anni. Successivamente Ignazio Junior lo regalò al fratello Vincenzo. Il giovane rampollo della famiglia Florio vi andò ad abitare con la prima moglie: la nobildonna Annina Alliata di Montereale. Purtroppo, Annina morì di colera nel 1911, dopo pochi anni di matrimonio. Da quel momento Vincenzo non volle più abitare nella casa che li aveva visti felici.

Infatti, Vincenzo Junior si trasferì nel palazzo, di proprietà dei Florio, in via Catania, parte del quale venne poi dato in affitto all’Automobile Club di Sicilia. Successivamente, si spostò in un appartamento sito in Via Principe di Belmonte, affacciato su Piazza Ignazio Florio, insieme alla seconda moglie Lucie Henry.

Il Villino Florio: un gioiello del Liberty

Il Villino Florio venne progettato dal più famoso architetto degli inizi del 900 e fidato collaboratore dei Florio: Ernesto Basile. La nuova palazzina occupò il centro del Parco della Villa dei Florio all’Olivuzza al posto di una montagnola con tempietto, risalente all’inizio del XIX secolo.

La prima pietra del Villino Florio fu posta nel 1899, ma l’edificio venne costruito tra il 1900 e il 1902. L’esterno era ed è molto elegante. Il prospetto è abbellito da torrette, merlature, colonne, logge, capitelli, vetrate policrome. Una cancellata di ferro battuto lo isolava dal resto del parco.

L’edificio ha fondazioni continue che poggiano su un podio di arenaria. Le strutture portanti sono: le murature perimetrali, i vani d’appoggio delle scale e due muri a croce centrale che costituiscono la principale divisione interna della palazzina.

I muri sono stati costruiti sfruttando le cave siciliane. La pietra di Billiemi per il basamento, quella di Isola delle Femmine per i setti murari esterni. Per le decorazioni architettoniche scolpite (sul lato a Nord-Ovest e Sud-Ovest) è stata usata pietra di Comiso. Le poche colonne invece, sono in marmo rosso di Trapani e in marmo giallo di Segesta.

La struttura del Villino Florio è di fatto un grande parallelepipedo su base rettangolare, con numerosi avancorpi variamente aggregati. La palazzina conta 5 piani abitativi, a vari livelli e di diversa estensione, ognuno con accesso indipendente.

Già la scalinata d’ingresso all’esterno colpisce lo sguardo. Il riferimento alle ville della nobiltà palermitana è evidente, anche se ne sconvolge la struttura. Nelle ville nobiliari, la scalinata d’accesso è solitamente composta da due scale che partono da due punti differenti e si congiungono in un solo pianerottolo. Nel Villino Florio ci sono due scale che partono dallo stesso punto ma vanno in direzioni differenti, terminando addirittura su due facciate diverse della palazzina. Inoltre, lo scalone doveva essere decorato dal leone bibens, il simbolo di Casa Florio, che doveva essere collocato su un podio rettangolare all’interno della vasca ai piedi della facciata sud-occidentale.

Dentro il Villino Florio

All’interno, due sono i piani di rappresentanza: quello d’ingresso con il camino, e quello soprastante con il salone e la sala da pranzo, collegati dallo scalone in legno. Altre scale, rivestite di marmo, collegano il secondo piano con quello superiore dove si trovano le camere da letto, uno studio e un bagno.

Un’ultima piccola scala conduce al tetto, dove poter ammirare da vicino le falde ed entrare nella piccola torretta che sovrasta l’edificio. Dal vano dello scalone principale parte anche un’altra scala, che conduce a un piano inferiore dove si trova un bagno, la sala biliardo e la scuderia.

Tra gli arredi dovevano spiccare mobili di pregevole fattura, varie suppellettili, le stoffe parietali (disegnati da Ernesto Basile), le porte e i soffitti lignei, ed un bellissimo camino in stile gotico alla parete del salone al pianterreno. Tutte le decorazioni in legno di noce erano state realizzate alla ditta Ducrot, la cui fabbrica si trovava dove oggi ci sono i Cantieri Culturali della Zisa. Soltanto il rivestimento dello scalone interno venne affidato alla ditta palermitana Mucoli.

Alla decorazione di questo gioiello architettonico collaborarono gli artisti più famosi e talentuosi della Sicilia del Novecento. Le pitture, che decoravano con raffinatezza la palazzina, oggi purtroppo perdute, erano opere di Ettore De Maria Bergler e Giuseppe Enea. Le vetrate a tema floreale erano progetti di Salvatore Gregorietti. Le sculture in pietra, gesso e legno erano lavori di Gaetano Geraci, e quelle in ferro battuto di Salvatore Martorella.

L’edificio era usato come abitazione, con la funzione di padiglione, casina di delizia e foresteria. Il Villino Florio ospitò sfarzosi ricevimenti e sontuose feste, accogliendo il bel mondo dell’aristocrazia, non solo palermitana ma anche internazionale. Era il periodo della Bella Epoque.

Dopo la caduta dei Florio: l’abbandono del Villino

Dopo la vendita del patrimonio immobiliare dei Florio, il Villino Florio finì per essere quasi dimenticato, isolato e circondato da un modesto ritaglio di giardino.

Dal 1918 – anno della vendita con lottizzazione dell’intero parco della Villa dei Florio all’Olivuzza – fino agli anni ’60, la palazzina rimase nascosta. Il Villino Florio era celato da una folta vegetazione, cresciuta senza controllo, in quello che rimaneva del parco.

La palazzina è sopravvissuta inalterata fino alla notte tra il 23 e il 24 novembre 1962, quando scoppiò un incendio. L’incendio ha completamente distrutto gli interni del Villino Florio e gravemente danneggiato anche l’esterno.

Erano gli anni del cosiddetto “sacco di Palermo”: la speculazione edilizia ha raggiunto il suo apice, distruggendo quasi tutti i villini liberty costruiti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Del resto, quello non era neppure il primo attentato al Villino Florio. La mattina del 23 novembre era stata trovata una bomba anticarro in uno dei viali dei giardini, ed era stata disinnescata prima che potesse esplodere.

L’Ente per i Palazzi e le Ville di Sicilia ha acquistato il Villino Florio solo nel 1975. Con la fine delle attività del sopracitato Ente, nel 1984 la proprietà del Villino passò al Demanio della Regione Siciliana, e posto sotto tutela dalla Sopritendenza di Palermo. Fin dal 2020 il Villino è gestito dal Centro Regionale per l’Inventario, la catalogazione e la documentazione dei beni culturali.

Il restauro del Villino Florio

Nel frattempo, nel 1976, 14 anni dopo l’incendio, furono finalmente attuati alcuni interventi di consolidamento della palazzina. Tuttavia, sono passati quasi vent’anni affinché si cominciasse a pensare a un restauro completo del Villino Florio.

Il primo progetto di restauro del Villino Florio è infatti del 1981. Un secondo è del 1990, quando partirono i lavori che proseguirono fino al 2015. Per restituire il Villino Florio alla collettività ci sono voluti 53 anni e quasi due milioni di euro.

I restauratori hanno condotto il lavoro con un accurato procedimento filologico. Questo ha permesso di ricostruire tutti gli elementi decorativi di cui si aveva testimonianza nelle fotografie e nei documenti dei primi del Novecento. Un attento studio sui chiaroscuri delle fotografie ha aiutato a stabilire quali fossero i colori originari delle tappezzerie e delle passamanerie. Stesso procedimento è stato utilizzato per la ricostruzione della vetrata policroma del sopraporta, realizzata all’epoca da Salvatore Gregorietti.

Allo stesso modo gli studiosi hanno esaminato i motivi floreali e naturali, come quello del papavero e dell’ippocastano, che erano i prediletti da Basile e prodotti dalla ditta Ducrot. E grazie a delle moderne ricostruzioni in 3D è stato possibile riprodurre il motivo a intarsio nel soffitto ligneo dello scalone interno.

Visitando il Villino Florio ci si può rendere conto che le parti dell’arredamento originarie sono quelle in legno nero, che portano ancora le tracce dell’incendio al quale sono sopravvissute.

Il Villino Florio è ciò che rimane della maestosa Villa all’Olivuzza, che simboleggiava il potere della famiglia Florio. Oggi custodisce i ricordi, felici e dolorosi, di una delle famiglie più importanti della Sicilia. Rimane sempre uno dei capolavori più rinomati dell’Art Noveau.

Bibliografia e sitografia

  • AA. VV., Nuove metodologie d’intervento per la riconfigurazione filologica di Villino Florio, Regione Sicilia Assessorato Beni Culturali e Identità Siciliana, Dipartimento Beni Culturali e Identità Siciliana, Centro Regionale per la Progettazione e il Restauro, 2017, <http://www.centrorestauro.sicilia.it/Read.asp?Id=305>;
  • Daniela Brignone (a cura di), I luoghi dei Florio. Dimore e imprese storiche dei “viceré di Sicilia”, Rizzoli, Prato 2022;
  • Orazio Cancila, I Florio. Storia di una dinastia imprenditoriale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2019;
  • Vincenzo Prestigiacomo, I Florio. Regnanti senza corona, Nuova Ipsa Editore, Palermo 2020.

Apparato fotografico a cura di Antonietta Patti

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