l Cece rosso di Cianciana promosso a “Pezzo da 90” dell’Agroalimentare italiano dall’Accademia Enogastronomica Internazionale EPULAE

Dopo l’inserimento del “Cece rosso di Cianciana – Ciciru russu di Cianciana” (AG)   nel ventiduesimo aggiornamento dell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali, (art.12 co.1, legge 12 dicembre 2016, n. 238), nella tipologia “prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati” n. 55 dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 67 del 21-3-2022 – Suppl. Ordinario n. 12, è arrivato, nel corso della sagra dei prodotti tipici cinacianesi, un ulteriore riconoscimento da parte dall’Accademia Enogastronomica Internazionale EPULAE:  “Pezzo da 90” dell’Agroalimentare italiano.

L’ambita attestazione è stata consegnata dal Vicepresidente nazionale dell’Accademia Epulae dal giornalista e scrittore Mario Liberto, al gruppo di agricoltori custodi costituito da: Federico Pace, Matteo e Sasà Riggio, Antonino Giannone Caterina D’angelo e Francesco Cimino nel corso della “Sagra del raccolto dei grani antichi dei cereali e del Cece rosso”, alla presenza del sindaco Francesco Martorana.

Al convegno: “Cece rosso e cultivar tipiche di Cianciana. Dai prodotti tradizionali a progetti di sviluppo” hanno partecipato il sindaco Francesco Martorana, l’assessore comunale all’agricoltura Paolo Manzullo, l’agronomo Federico Pace, il giornalista Mario Liberto di Sicilia Agricoltura, il professor Francesco Cannatello, il Responsabile Slow Food dei Presidi della Regione Sicilia Occidentale Gaetano Siragusa.  

La seconda edizione della Sagra, voluta dall’Amministrazione comunale e dalla Regione Siciliana, è stata organizzata dal Movimento Terra è Vita con la partnership della locale Pro Loco, della Fondazione con il Sud e del Movimento Di Acqua e di Terra, di Fuoco e di Aria.

Il Cece rosso di Cianciana è un altro gioiello d’Italia, che dopo anni di ricerche e studi è tornato ad avere uno spazio nella platea della biodiversità siciliana. Si tratta di un genotipo locale, che si distingue da quello comune per alcune caratteristiche morfologiche ed organolettiche particolari.

Il Cece rosso dopo anni di ricerche e studi è tornato ad arricchire la platea della biodiversità siciliana. Si tratta di un genotipo locale, che si distingue da quello comune per alcuni caratteristiche morfologiche ed organolettiche particolari. Per Federico Pace, agronomo e ricercatore e funzionario regionale: “Il Cece rosso di Cianciana, in dialetto, Ceciru russu, è coltivato nel medesimo territorio e in quello della vicina Alessandria della Rocca. La popolazione contadina del Comune di Cianciana (AG), dal secondo dopo guerra ad oggi, ha coltivato il Cece rosso di Cianciana, come prodotto per l’autoconsumo nei propri orti, non raggiungendo mai una coltivazione estensiva”.

Ed ancora: “La coltivazione, dopo decenni in cui si era persa traccia, perché erroneamente ritenuta una varietà meno pregiata rispetto al cece bianco è tornata a far parlare di sé. La mia famiglia lo coltiva da sempre, era un peccato perderlo; speriamo che questo nostro sforzo serva per valorizzare l’agricoltura tradizionale locale. Il “Cece rosso di Cianciana” risulta che fosse abbondantemente coltivato agli inizi del XX secolo. Era uno degli alimenti cardine dell’alimentazione del tempo, cibo che sopperiva alla penuria di proteine animali nella dieta quotidiana, si tratta di un seme tondeggiante e angolare, con colorazione bruno rossastro. I semi si presentano di grandi dimensioni avendo un peso di 1000 semi pari a 400 grammi. Il tegumento ha una leggera rugosità, a volte può essere anche assente. Era consumato abitualmente dai nostri avi”.

La prima testimonianza storica la ritroviamo nel libro del Cavaliere Francesco Cannatella, (Cianciana Lessico dei Contadini / Francesco Cannatella – Cianciana, 2019) dove r iporta che: “Oltre alle miniere di zolfo come fonte di sussistenza, vi erano tra le poche specie erbacee ad essere coltivate anche il Cece rosso di Cianciana”.

Anche se mancano altri riferimenti storici il “Cece rosso” nella memoria collettiva risulta sempre presente. Molti agricoltori testimoniano che venisse coltivato negli orti familiari esclusivamente per autoconsumo. Prezioso come un gioiello di famiglia veniva conservato in contenitori di ceramica o di vetro e utilizzato per la futura coltivazione o per la preparazione di proverbiali zuppe. Faceva anche parte del corredo che veniva dato alla sposa, come segno di prosperità e augurio: un cece rosso e uno bianco.

Considerando che in generale la superficie investita a leguminose dopo gli anni 60-70 si è contratta, anche per i motivi dovuti al mancato riconoscimento degli aiuti comunitari, tale popolazione non ha interessato mai la coltivazione estensiva, limitando come detto prima la coltivazione ad autoconsumo.

Grazie alla coltivazione e conservazione della popolazione denominata Cece rosso di Cianciana, da parte di famiglie coltivatrici locali, questo genotipo è stato tramandato con il ”mestiere” anche questo patrimonio vegetale, ciò, ha consentito di arrivare fino ai giorni nostri.

Questo genotipo è tra i legumi antichi che rischiavano di scomparire per sempre dalla nostra biodiversità. Una perdita inestimabile, che paventava di privarci per sempre di un prodotto eccezionale per proprietà e gusto. Il cece rosso è stato infatti in grado di adattarsi alle condizioni pedo-climatiche di questo lembo di Sicilia, dove lo zolfo è stato da sempre l’elemento che ha caratterizzato un curioso sviluppo. La sopravvivenza del cece rosso si deve a questi agricoltori devoti alla terra e ai suoi frutti. Senza di loro, la presenza del cece rosso rugoso sarebbe scomparsa, nonostante fosse ritenuta meno pregiata rispetto al classico cece bianco.

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