La “festa dei morti”, celebrata il 2 novembre, è un momento di commistione tra il sacro e il profano. A differenza di altre regioni italiane, in Sicilia si tratta di una festa gioiosa, dedicata ai bambini, che credono che i loro cari defunti portino doni durante la notte. Il legame profondo con l’aldilà, quasi affettuoso, espresso da questa festa, riflette l’idea che i morti continuino a vegliare sui vivi.
Una delle usanze più importanti della “festa dei morti” in Sicilia è la preparazione dei regali. Non esiste un oggetto particolare da regalare per questa festa, ma i doni ricevuti in questa occasione si chiamano semplicemente “cose dei morti”. Perché gli adulti fanno credere ai bambini che siano i morti a portare i regali.
Secondo la tradizione, durante la notte tra il 1° e il 2 novembre, i defunti visitano le case dei vivi e lasciano dolci e giocattoli per i più piccoli. La mattina del 2 novembre, i bambini si svegliano, vanno alle processioni in onore dei defunti coi loro familiari, e al ritorno a casa trovano questi doni nascosti.
Se questa usanza vi ricorda quella, oggi molto più famosa, del Natale (con i doni sotto l’albero lasciati da Babbo Natale) sappiate che è perché i tradizionali “doni dei morti” hanno influenzato la festività natalizia. Fino a qualche decennio fa infatti, i bambini siciliani ricevevano i doni in occasione della “festa dei morti”, non per Natale e neppure per l’Epifania.
I doni dei morti sono il simbolo della continuità del legame con i propri cari. Nell’agrigentino, in particolare, si usa lasciare le luci accese, all’ingresso delle case o sui balconi, la notte del 2 novembre. Per illuminare il cammino dei morti verso le case dei loro parenti in vita.
Tuttavia, i morti che sfilano e portano i doni non devono assolutamente essere visti. Per questo si raccomanda ai bambini di coprire la testa e i piedi quando vanno a letto. Se li lasciassero scoperti, i defunti potrebbero graffiarli quando vengono a portare i doni.
Oggetto di questa tradizione infatti, sono i bambini fino ai 12/13 anni, l’età della pubertà. Gli adolescenti, che scoprono la verità, sono obbligati a mantenere il segreto coi bambini più piccoli.
Anche il cibo ha la sua parte nella tradizionale “festa dei morti”. Un’altra usanza di questa festività è quella di lasciare qualcosa da bere e da mangiare per il defunto che viene a portare i doni (in un parallelismo ancora più evidente con l’usanza di lasciare latte e biscotti a Babbo Natale).
I cibi vengono lasciati su una tavola o all’ingresso della casa, e vengono poi mangiati il giorno successivo da un povero, che rappresenta il defunto.
Addirittura, fino a qualche decennio fa, era consuetudine consumare un pasto (composto da fagioli e un panino ripieno di formaggio, olio e acciughe) presso la tomba dei propri defunti. Un’usanza folkloristica che rimanda evidentemente ad antiche pratiche pagane, come il rituale del refrigerium, e a festività come quella romana dei Parentalia.
Parte essenziale della tradizionale “festa dei morti” sono i dolci che si preparano per l’occasione, chiamati murticeddi: “i piccoli morti”. Tra i più noti ci sono:
- le ossa di morto: biscotti duri fatti con zucchero e cannella, chiamati anche muscardini, mustazzoli, carcagneddi, crozzi di morti, ecc;
- la frutta di Martorana: dolci di pasta di mandorla colorata che riproducono frutti, con radici antichissime, risalenti alla nobile tradizione conventuale;
- i pupi di zucchero: statuine di zucchero colorato raffiguranti figure popolari e cavalleresche, come la pupacciena.
Dolci di questo tipo vengono consumati, con lo stesso principio, anche in altre regioni d’Italia. Come il Piemonte, il Veneto, il Friuli, la Calabria e la Puglia.
Questo “scambio di beni” serve a instaurare un canale comunicativo simbolico e a regolare culturalmente il ritorno dei defunti sulla terra. L’unico altro canale di comunicazione tra i vivi e i morti è quello incontrollabile del sogno.
Attraverso i doni ricevuti durante la “festa dei morti” il ricordo degli antenati viene coltivato con tenerezza. Questo stretto legame d’amore e il rapporto di fiducia che i bambini instaurano con i morti, attraverso i regali, si sintetizza in una filastrocca conosciuta ovunque in Sicilia:
Armi santi, armi santi,
iu sugnu unu e vuatri sisi tanti,
mentri ca sugnu nta stu munnu di guai
cosi di morti mittitiminni assai.
Al centro di tutto infatti, c’è la famiglia. In famiglia ci si riunisce durante la “festa dei morti”, non solo per commemorare i propri defunti al cimitero, ma anche per trascorrere del tempo insieme. E così, raccontare ai bambini le storie dei nonni e dei bisnonni diventa un modo per mantenerne viva la memoria.
Vivi nella memoria, ma invisibili agli occhi. Far coprire i bambini quando vanno a dormire è un accorgimento rituale. In questo modo, i bambini vengono simbolicamente sepolti, e durante la “festa dei morti” compiono un rituale di morte e rinascita. L‘usanza diventa una sorta di rito di passaggio, da perpetrare finché i bambini non avranno raggiunto l’età adulta, e con essa la capacità di generare la vita.
Secondo il folklore, un bambino che vede i morti rischia di essere portato via. A meno che la ricerca dei propri cari non sia motivata, dal dolore per una scomparsa improvvisa, ad esempio. O a patto che vengano prese delle precauzioni, come il coprirsi il volto con un colino.
Una leggenda ambientata a Realmonte narra la storia di un bambino rimasto orfano che, triste e solo, è andato alla processione dei morti proprio per poter rivedere i suoi genitori. Quando i suoi genitori lo trovarono, gli regalarono un biscotto e una candela accesa da tenere in mano. Quest’ultima, il mattino dopo, si trasformò in un osso: le ossa di morto.
Questo racconto folkloristico valorizza l’osso come simbolo di forza e coraggio, ma anche simbolico contenitore del seme maschile. In alcune culture, come quella mesopotamica, le ossa dei vinti venivano sottoposte a rituali simbolici.
Lo scambio e il consumo simbolico dei morti, dai quali nasce la vita, ha lo scopo di permettere ai bambini di acquisire le qualità morali dei loro parenti più stretti, insieme al seme della stirpe comune. Come ricordato dal noto etnologo Giuseppe Pitrè, il liquido seminale discende dal midollo della spina dorsale. Una tesi riportata anche da Leonardo da Vinci.
Le ossa sono delle radici, che nelle tombe continuano a vivere, a ricordare il passato e la storia di una comunità. Secondo questo tipo di tradizioni, nelle ossa si trova il principio di trasmissione ininterrotta dalla vita.
Halloween, festività di origine anglosassone, si è diffusa anche in Sicilia. Ma la “festa dei morti” rimane un elemento distintivo, con una valenza emotiva e storica che la differenzia dalle celebrazioni più commerciali.
In Sicilia, la “festa dei morti” rappresenta un ponte tra passato e presente. È un modo affinché le generazioni più giovani possano mantenere viva la memoria dei propri antenati, in un clima di calore familiare e comunitario.
Repertorio fotografico a cura di Antonietta Patti