Nell’impostazione di un’azione organica per il contrasto del fenomeno degli incendi di vegetazione occorre analizzare l’evoluzione storico-economica del territorio. Infatti, in Sicilia, il passaggio tra le varie tipologie di incendi è collegabile alle diverse fasi dello sviluppo economico del territorio.
Negli anni 50 e 60 la superficie forestale cresceva per l’intensa opera di rimboschimento attuata con l’obiettivo di difendere il territorio dal grave dissesto idrogeologico, dalla povertà della montagna gravata, già allora, dall’esodo che si registrava a carico dei giovani, nonché a salvaguardare le opere pubbliche che si erano realizzate (Mario Fasino 1954). Gli incendi venivano contrastati con grande maestria dalle forze rurali diffusamente presenti e con una attenta pianificazione della sistemazione dei bacini montani dove era prevista una forte prevenzione passiva grazie a larghe fasce parafuoco a protezione dei giovani rimboschimenti. Gli incendi interessavano raramente i territori posti alle quote maggiori che rimanevano, comunque, ben difesi dalla presenza di sapienti popolazioni rurali.
Nei primi anni ‘70 si affacciarono i primi timidi interventi aerei per il rapido attacco dei punti fuoco di complesso raggiungimento terreste, con l’utilizzo di mezzi ad ala rotante (Pietro Rocco – Bell G 47) con serbatoi d’acqua di 300 l nei quali veniva miscelata una polvere estinguente. Già molti paesaggi, grazie allo sviluppo economico, iniziavano a cambiare con la diffusione delle seconde case o, comunque, di infrastrutture antropiche isolate.
Negli anni 80 l’impiego del mezzo aereo diventò sempre più diffuso, ma sempre a supporto delle forze terrestri, anche a difesa delle aree urbanizzate e delle infrastrutture. Giuseppe Giaimi, in un suo recente articolo, ricorda che per la repressione dell’incendio che dal 24 al 27 giugno 1982 interessò la provincia di Messina per circa ottocento ettari, minacciando addirittura la Caserma Forestale di Colle San Rizzo, fu impiegato per la prima volta in Sicilia un mezzo aereo ad ala fissa (l’Hercules C-130) proveniente dal Centro Operativo di Roma. L’impiego di detto mezzo, come anche in seguito del G222, era mirato alla concretizzazione di fasce di contenimento degli incendi grazie al trattamento di larghe fasce di territorio, prossime ad essi, con grandi quantità di liquido ritardante.
Cambiato il ciclo di sviluppo, negli anni ’90 si cominciò ad assistere all’incremento del rischio per le strutture antropiche che, per la loro protezione, richiedevano un sempre maggiore coordinamento tra le diverse forze terrestri competenti per la repressione degli incendi e un crescente impegno delle flotte e delle tecnologie aeree a supporto. Ciò anche perché l’abbattimento dell’impulso economico degli anni 70 e 80 ed anche, probabilmente, i cambiati interessi vacanzieri, resero molte delle aree dell’alta collina o della montagna, che prima erano state rese amene dai nuovi boschi e poi oggetto di diffuse costruzioni, territori estremamente marginali, poco urbanizzati, deputati all’abbandono e facili prede degli incendi. Quindi, in molte zone si concluse un negletto ciclo di antropizzazione del territorio che partendo dalla trasformazione di aree estensivamente agricole in aree oggetto d’intense attività di rimboschimento pubblico e privato e, poi, a superfici pseudo-urbanizzate, generava vaste terre marginali abbandonate, con forte presenza di vegetazione non gestita e a forte rischio d’incendio.
Negli anni 2000 la pressione degli incendi continuò a crescere soprattutto a carico delle aree antropizzate e il sempre maggiore ricorso ai mezzi aerei caratterizzò un cambiamento del metodo di contrasto con un nuovo modello d’intervento. L’intervento aereo attualmente, infatti, sembra sia diventata ormai la “voce” di maggior peso di un sistema repressivo che viene messo sempre più frequentemente in crisi da condizioni climatiche estreme e severamente ostili.
Oggi, a causa dell’intenso cambiamento climatico globale, si è arrivati agli incendi che vengono definiti di sesta generazione e cioè incendi estremi, parossisticamente rapidi, fortemente distruttivi e capaci di determinare incendi secondari anche a grande distanza espandendosi in modo imprevedibile, vanificando qualsiasi azione di prevenzione passiva. Gli incendi interessano non più aree confinate o solo le foreste. Con intensità sempre in aumento interessano rapidamente e spesso in maniera incontrollabile superfici molto estese dove le diverse tipologie di combustibile s’intervallano in un insieme continuo, spesso non congruamente gestito, interessando anche aree urbanizzate o ad esse limitrofe con pesanti riflessi diretti e indiretti sugli esseri viventi.
L’evoluzione degli incendi sopra riportata e, in generale di tutti i rischi naturali e antropici, ha influito nel tempo sull’opera legislatore che oggi, proprio nel recente passato in un articolo del nuovo codice della protezione civile, ha dovuto ampliare le misure di tutela alla vita, all’integrità fisica, ai beni, agli insediamenti, agli animali e all’ambiente.
Le soluzioni:
- Azioni di gestione dello spazio rurale anche con l’uso del fuoco prescritto come strumento per la diminuzione del carico di materiale combustibile, l’abbattimento della continuità orizzontale. Costruire edifici, strutture e infrastrutture tenendo conto delle problematiche connesse con gli incendi di vegetazione con materiali, spazi e sistemi difensivi idonei. In considerazione della sempre maggiore similitudine delle aziende agricole a quelle industriali per la presenza di strutture, macchinari, laboratori, concimi, antiparassitari ecc., occorrerebbe pervenire a veri e propri Piani d’Emergenza Esterna con l’organizzazione di sistemi strutturati delle risorse antincendio disponibili o concretizzabili per ridurre o mitigare gli effetti di un incendio di vegetazione potenzialmente vicino e pericoloso. L’adozione massiva di queste misure porterebbe ad una composizione del paesaggio con frequenti interruzioni della continuità orizzontale dei combustibili con il contenimento della magnitudo dei potenziali incendi;
- Adozione di politiche strategiche con lo stanziamento delle risorse finanziarie per la protezione del territorio, la concretizzazione e l’utilizzo delle risorse idriche ai fini diretti di autosufficienza delle aziende agricole, di autotutela contro gli incendi e, in ultimo, per l’attivazione di microcicli dell’acqua all’interno dell’Isola per il contenimento della desertificazione;
- Coinvolgimento delle popolazioni locali al fine responsabilizzare con il coinvolgimento, sensibilizzare contro gli incendi, formare e addestrare sulla attuazione di misure di protezione passiva e delle prime misure di intervento a salvaguardia individuale e delle strutture, la dotazione di strutture aziendali antincendio e di attrezzature individuali.
Azioni da non attuare
Lo spacchettamento, da parte degli Enti locali, delle prescrizioni dei Piani Antincendio attuando esclusivamente le azioni di telecontrollo da remoto del territorio. Le telecamere hanno un effetto dissuasivo sull’uso generalizzato o doloso del fuoco ma, senza un’adeguata gestione della vegetazione, in un sistema inteso sicuro dalla loro installazione, non fa che influire passivamente e positivamente sull’accumulo di materiale vegetale combustibile aumentando la capacità distruttiva dei potenziali incendi accidentali.
Viste le “recenti” manifestazioni distruttive degli incendi e i cambiamenti non del tutto condivisibili della concreta evoluzione dell’organizzazione della prevenzione e della repressione degli incendi di vegetazione, non resta che sottolineare quanto segue:
Uomini pronti e preparati, in un sistema coordinato e con una idonea dotazione di strutture e mezzi terrestri, estinguono tempestivamente principi d’incendio in un territorio già oggetto di mirati interventi di prevenzione dove si è incrementata la capacità di difesa delle comunità attraverso il coinvolgimento attivo dei cittadini da parte delle Istituzioni locali. Mezzi aerei utilizzati solo in aree naturali a supporto di uomini a terra.
Tutto il resto produce un imponente impegno finanziario con contenuta efficienza, alta potenziale perdita di vite e distruzione.