La violenza con cui la Gran Bretagna represse le proteste, contribuì alla nascita del Sinn Féin (letteralmente “noi stessi”). Era un partito politico indipendentista irlandese fondato nel 1905 da Artur Griffith, che determinò la vittoria delle elezioni del 1918.
Il Sinn Féin ebbe un ruolo centrale nella storia dell’Irlanda, in particolare nel processo di lotta per l’indipendenza dall’Impero Britannico e nella politica irlandese del XX e XXI secolo. Tuttavia, nel corso del tempo, il partito assunse posizioni più radicali, diventando uno dei principali sostenitori dell’indipendenza completa dell’Irlanda. Questa trasformazione non ebbe effetto nel nord dell’isola, che rimase a favore dei britannici.
Di contro il Sinn Féin rifiutò di riunirsi nel parlamento di Westminster di Londra e costituì invece una propria assemblea: il Dáil Éireann. Questa assemblea dichiarò “l’indipendenza dell’Irlanda nel gennaio 1919. Della Dáil Éireann fecero parte Éamon de Valera, Michael Collins e Constance Markiewicz.
Allo stesso tempo l’IRA, l’esercito repubblicano appena costituitosi, e formato da guerriglieri e volontari, lanciava il suo primo attacco contro le forze britanniche, cominciava così la “Guerra d’indipendenza d’Irlanda”.
Travolta dalla guerriglia dell’IRA, la Gran Bretagna dovette rimpolpare le proprie unità con delle reclute volontarie, che divennero note come i “Black and Tans” per i colori nero e cachi della loro uniforme, diversa da quella dell’esercito regolare. Questi soldati divennero tristemente famosi per i loro attacchi alla popolazione civile.
La Gran Bretagna e i ribelli irlandesi concordarono una tregua nel giugno 1921. I negoziati di pace culminarono a dicembre con la firma di un trattato. La delegazione irlandese che lo firmò era guidata principalmente da Arthur Griffith e Michael Collins. Nel gennaio 1922 il parlamento irlandese approvò il trattato, con una maggioranza scarsa di meno di dieci voti.
Il movimento indipendentista si divise sulle condizioni del trattato, che manteneva lo Stato libero d’Irlanda come dominion, cioè un territorio con larga autonomia, sempre nel Commonwealth, con il Re inglese quale capo di Stato.
Come protesta alla decisione del parlamento, Éamon de Valera, che era stato presidente della repubblica irlandese dal 1919, si dimise e iniziò una campagna contro gli accordi. Il suo primo intervento pubblico ebbe luogo a Dublino il 12 febbraio 1922, davanti a migliaia di uomini che marciarono nella città in formazione militare. De Valera dichiarò che il trattato pregiudicava completamente l’indipendenza e l’unità dell’Irlanda. In seguito avrebbe convocato adunanze anche in altre città irlandesi.
Il gruppo del Sinn Féin favorevole ai patteggiamenti vinse le elezioni nel giugno 1922, ma ciò non impedì che la maggior parte dell’IRA continuasse a opporsi al trattato di pace. Confidando nella possibilità di far scoppiare un nuovo scontro con i britannici, che restavano con le loro truppe a Dublino, in aprile duecento soldati dell’IRA occuparono il palazzo di Four Courts.
Messo sotto pressione dai britannici, il governo provvisorio irlandese lanciò un ultimatum agli occupanti dell’edificio: se non l’avessero evacuato, li avrebbero portati via con la forza. L’attacco cominciò il 28 giugno e si prolungò per tre giorni, nel corso dei quali l’edificio fu bombardato dall’artiglieria. L’evento segnò l’inizio della guerra civile.