In questo elaborato che state per leggere, vi voglio parlare di un rigoglioso complesso boscato vegetante geograficamente nel versante settentrionale etneo ed esattamente ubicato nel cuore del Parco Regionale dell’Etna in territorio di Randazzo. Si tratta dell’imponente faggeta di “Monte Spagnolo” vegetante in gran parte nella località omonima ma che si estende territorialmente anche in altre contrade confinanti.
La faggeta di “Monte Spagnolo” è considerata da studiosi e appassionati uno dei maggiori santuari naturalistici siciliani e straordinario laboratorio della “Madre Natura” che sul vulcano etneo ha voluto esprimere tutta la sua grande potenza e generosità. Questo bosco naturale è anche un ambiente di grande fascino dove si possono scoprire grandi stimoli emozionali che si connettono tangibilmente con una copiosa ricchezza di biodiversità, composta da interessanti valenze faunistiche, floristiche, ambientali e persino storiche.
Anche per tutte queste sue dotazioni, la faggeta di “Monte Spagnolo” può considerarsi un modello naturale e persino formativo, capace di facilitare l’apprendimento e la fruizione sostenibile dei beni naturalistici che si legano al brand Etna, il solo luogo dove è possibile ammirare l’affascinante contrasto tra terra, aria e fuoco.
Attraverso questo scritto ci apprestiamo a fare come un viaggio ideale, immaginario e seducente alla scoperta della faggeta di “Monte Spagnolo”, attraverso un itinerario tracciato simbolicamente all’interno di quest’ampia area verde forestale, dove con la mente e in attesa che chi legge possa programmare una futura visita, faremo la conoscenza di alcune componenti naturalistiche di pregio che esistono realmente sui luoghi e rendono lustro ad un ecosistema per certi versi ancora integro.
Per visitare in modo agevole questo bosco, bisogna affrontare un percorso in salita partendo dalla nota casermetta forestale di “Pirao” che è uno dei siti iconici demaniali più visitati del versante nord-etneo, per poi proseguire attraversando la frattura lavica a “bottoniera” del 1981, alla quale fanno da cornice delle bellissime formazioni di specie caducifoglie e ginestra dell’Etna risparmiate dalle lave ardenti o insediatesi ai loro margini.
Una breve sosta in questo luogo è importante sia per riprendere fiato, ma anche in modo che l’escursionista possa rendersi conto della ferita che la lava ha arrecato alla faggeta e della palese minaccia per Randazzo, rappresentata dalle fluidissime emissioni laviche del 1981 che si sono spinte a poco più di qualche chilometro dalla periferia cittadina.
In questo maestoso scenario della natura, si viene subito attratti da intriganti reliquie composte da grandi e piccoli crateri che compongono la frattura eruttiva e hornitos residui di vecchie eruzioni di tipo piroclastico. Gli hornitos, conosciuti anche come “fornetti”, sono particolari punti di emissione subaerea di modesta grandezza che si formano perifericamente rispetto alla “bottoniera” eruttiva principale. Infatti, durante una colata lavica sotterranea è possibile che si crei una fessura verso l’esterno dalla quale vengono espulsi brandelli di lava e scorie che a contatto con l’aria si saldano e si accumulano per caduta anche per qualche metro di altezza, formando la caratteristica struttura lavica a forma conica degli hornitos.
Tutt’attorno a questo insediamento vulcanico, nere scie di scorrimento lavico si allungano verso valle e testimoniano tangibilmente la dinamica potenza della forza eruttiva millenaria del vulcano. Da questa suggestiva opera architettonica della natura, si prosegue attraverso l’incantevole pista forestale cosiddetta “Altomontana”, che si snoda per circa 43 km intorno al vulcano e suddivide tutto il territorio altomontano etneo da nord a sud.
Come sopraddetto, la faggeta di Randazzo, non è circoscritta solo nella contrada di monte Spagnolo da cui prende il nome, in realtà e come riconosciuto dai locali, la sua ampiezza si dilata anche verso altre località limitrofe, coprendo la fascia latitudinale per una polilinea di oltre 4 chilometri che si sviluppa da levante a partire dall’immensa spianata lavica del 1614 cosiddetta “lava dei Dammusi”, formatasi in dieci anni di continua eruzione e ubicata al confine territoriale con Castiglione di Sicilia, sino a lambire l’estremo confine occidentale con il territorio di Bronte, passando per le località di Monte Santa Maria, Pirao alta e quindi monte Spagnolo. In questo settore la faggeta è insediata a partire da una quota di circa 1450 metri slm, mentre si spinge in quota sino a raggiungere il limite massimo di vegetazione arborea.
Rimettiamoci in marcia e riprendiamo nuovamente il nostro percorso irreale dalla poderosa “bottoniera” eruttiva del 1981 alla volta dell’estrema demarcazione occidentale di questa suggestiva “Fortezza Naturalistica”. Il viaggiatore dotato di un discreto senso contemplativo che si inerpica per questi sentieri montani, si accorge di trovarsi immerso in un ambiente vegetale naturale quasi magico dove affidandosi alla contemplazione del cuore, è possibile percepire straordinarie e profonde sensazioni di misticismo naturalistico di grande impatto.
La faggeta di “Monte Spagnolo” si manifesta a perdita d’occhio, colora il paesaggio, dona riparo alla ricca biodiversità e con il suo respiro elargisce vita all’uomo. Addentrandosi quasi in punta di piedi e con rispettoso garbo all’interno di questo santuario vegetale, dopo qualche chilometro si raggiunge un pianoro naturale, dove la mano dell’uomo e complice un ambiente ancora incontaminato, ha saputo realizzare un manufatto di grande attrattiva: il rifugio forestale demaniale montano di “Monte Spagnolo”, che si accosta ad un’altra struttura comunale inattiva ivi edificata.
Incastonato tra i faggi a oltre 1400 metri di quota, per la sua posizione geografica, per la pregevole fattura della struttura, per la sua ubicazione all’interno di una zona boschiva ben conservata, ma anche per le sensazioni intime ed indescrivibili che offre al gitante, il rifugio forestale montano di “Monte Spagnolo” da tanti anni è sosta obbligata per gli escursionisti che vogliono godere del paesaggio etneo e può senza dubbio definirsi come massima espressione dell’unione natura-uomo. Questo rifugio è aperto e libero a tutti coloro che lo rispettano e lo sanno apprezzare e chi avrà il piacere di visitarlo, potrà percepire una sensazione unica che resterà impressa a lungo nella sua anima.
Dopo aver riposato presso il rifugio di “Monte Spagnolo”, volendo si può affrontare un’altra intrigante lunga e faticosa marcia verso monte, difatti, all’interno della faggeta nei pressi del rifugio, si apre un sentiero evidenziato da un cartello indicatore, esso é un pratico imbocco per le camminate che portano in direzione dell’estremo limite di vegetazione arborea e la leggendaria Grotta del Gelo.
Sin dall’alba del mondo sappiamo che le grotte hanno sempre rappresentato dei veri e propri misteri collegate a fantasiose storie ed eventi prodigiosi, briganti e tesori nascosti (truvature) che colpiscono l’immaginario collettivo. Nella realtà la Grotta del Gelo è la cavità di scorrimento lavico più conosciuta dell’Etna, formatasi verosimilmente verso la prima metà del XVII secolo a circa 2040 metri slm,.
Il suo nome e la sua notorietà, se le condizioni climatiche sono propizie, sono dovuti alla sua caratteristica di mantenere una gran massa di ghiaccio al suo interno per quasi tutto il periodo dell’anno. Si può raggiungere mediante un percorso attraverso un tratto di faggeta naturale pura e secolare e a seguire i lunari e aspri deserti lavici di alta quota delle “Sciare del Follone” che sono immense spianate laviche di diverse epoche prive di vegetazione. Il percorso é certamente riservato agli escursionisti più esperti, che hanno esperienza con i sentieri lavici dell’Etna, perché non basta amare l’Etna per affrontare questi itinerari, bisogna essere preparati ed esperti camminatori.
Descrivere la faggeta di “Monte Spagnolo” non è cosa da poco, nella sua parte occidentale come nella parte mediana e orientale, è racchiuso quanto di più bello la forza generatrice del creato sia riuscita ad esprimere in quest’area geografica dove è attivo il più grande vulcano presente in Europa.
Chiunque abbia avuto la tenacia di raggiungere realmente le alte quote etnee ubicate ai limiti della vegetazione arborea, dopo aver rivolto uno sguardo d’insieme verso valle, ha potuto sicuramente ammirare questa rigogliosa faggeta come uno spettacolare balcone affacciato sull’antica paleovalle del fiume Alcantara e il suo Parco Naturale Fluviale, i contrafforti sud-orientali dei monti Nebrodi e le luminose forme stilizzate della medievale cittadina di Randazzo.
Dalle praterie altomontane che punteggiano la faggeta, è anche possibile intravedere a valle le maggiori aree boscate pedemontane composte da verdeggianti pinete, querceti, castagneti, ginestreti dell’Etna e di Spagna e altre specie minori. Tutte queste componenti boschive ricche di tonalità sono rappresentative del territorio e in quest’area offrono una veduta impressionante ed esprimono quelle caratteristiche tipiche ed uniche sia per interesse scientifico che per la loro appartenenza al panorama vegetazionale etneo.
Osservandole sempre dalle alte quote etnee, le formazioni boschive si fondono in un unico e verde intreccio con i terreni agrari posti lungo le terre bagnate dal fiume Alcantara ed in particolare con i rigogliosi vigneti di “ETNA DOC” che in alcune aree si spingono sino a 1000-1100 metri slm.. In lontananza sono visibili persino alcuni piccoli paesi vallivi che si fondono in un panorama veramente mozzafiato che si specchia nel fiume Alcantara.
Insomma, la veduta prospettica di questo territorio etneo, riesce sempre a sedurre gli occhi dell’escursionista che vengono attratti dal paesaggio sottostante. Un panorama che spazia dal verde intenso della sua verdeggiante vegetazione boschiva, arbustiva e agraria rappresentata dalle rigogliose vigne etnee, per poi diminuire d’intensità con la vegetazione fluviale e il dinamismo delle acque increspate del fiume Alcantara che nulla hanno da invidiare ai fiumi più conosciuti.
Nella parte più a monte dove la faggeta di “Monte Spagnolo” tende ad innalzarsi verso le alte cime, sopra i 2000 metri di altitudine e dove è assente qualsiasi tipo di antropizzazione, è possibile ammirare peculiarità orografiche di grande valore naturalistico con presenze di formazioni sparse di faggio d’alta quota insediati sui millenari terreni lavici di diverse epoche che nel corso del tempo hanno definito l’aspetto attuale di queste terre.
Sono terre modellate periodicamente dalle colate infuocate del vulcano che hanno generato coni vulcanici, affascinanti crateri arcaici, anfratti e intriganti grotte luogo di ricovero per animali selvatici o ispiratori di miti e narrazioni tradizionali, ma anche vallate scoscese formate da sterminate colate laviche solidificate e, a volte, arrossate dalle emissioni piroclastiche.
Tutt’intorno a queste presenze naturali, si mette in evidenza la tipicità di un paesaggio molto statico e aspro, seppur periodicamente ingentilito dalle variopinte tonalità delle endemiche formazioni floreali sparse d’alta quota, resistenti alla scarsezza o alla mancanza di acqua e ascrivibili fitosociologicamente alla zona dell’Astragalo o ”Astragaletum siculi, un endemismo etneo.
In questa sorprendente diversità di paesaggi, nell’orizzonte inferiore del piano montano mediterraneo, è dunque il regno del faggio e in questo settore etneo ha il giusto risalto la florida faggeta di “Monte Spagnolo” considerata una delle più estese e centenarie aree boscate dell’Etna vera e propria forza della Natura.
Le notizie indubbie riguardo la storia e la gestione della faggeta etnea di “Monte Spagnolo” di Randazzo non hanno radici nella letteratura di settore ma sono state ricavate da informazioni e resoconti che abbiamo acquisito dall’eterna enciclopedia della vita che ci hanno tramandato in eredità boscaioli, carbonai, pastori, maestranze e anziani del luogo, storie e congetture che a loro volta hanno sentito da altri uomini e altri uomini ancora che nel corso dei secoli si sono succeduti ed hanno lasciato la loro impronta antropica su queste terre.
Dunque, la faggeta di “Monte Spagnolo” di Randazzo non è solo natura ma è anche storia di uomini con la passione dei boschi che, di generazione in generazione, hanno calcato queste terre e con esse hanno da sempre intrecciato un rapporto molto stretto. Pertanto, é certo che la storia di questa faggeta è indissolubilmente legata alle vicissitudini che la popolazione randazzese ha conosciuto, ai cambiamenti che ha subìto nel corso dei secoli e ai suoi ricordi, anche nefasti come la drammatica eruzione vulcanica del 1981 che ha lasciato una profonda lesione a questo territorio e alla faggeta etnea di “Monte Spagnolo”.
Ebbene, ciò significa che la faggeta di Randazzo di ricordi ne ha veramente tanti, tutti con un trascorso affascinante alle spalle, spesso a metà strada tra storia e leggenda, resoconti storici che ci ragguagliano su un passato non proprio remoto, quando questa faggeta veniva ciclicamente utilizzata dall’uomo. Sin dai tempi remoti l’uomo in questo bosco non era separato dalla natura, egli ci viveva dentro rispettando intensamente la sua esistenza e nutrendosi dei suoi frutti.
Insomma, questa faggeta etnea era tenuta in grande considerazione, infatti, mentre la raccolta dei prodotti del sottobosco era destinata agli animali domestici e agli armenti che fruivano del pascolo brado, il fogliame e le frasche venivano portati a valle per i forni da panificazione o servivano da lettiera e integrazione alimentare per il bestiame.
Il tronco del faggio, in prevalenza diritto e regolare, detiene ottime caratteristiche strutturali che favoriscono la sua utilizzazione nei più svariati lavori, infatti, dal suo legno veniva ricavato legname da opera utilizzato nella costruzione di arnesi da lavoro e per la realizzazione di sofisticati mobili ad intarsio e altro. Inoltre, le piante fornivano anche legna secca per cucinare e per il riscaldamento della umili abitazioni e degli antichi ricoveri pastorali montani in pietra lavica, ancora oggi ben presenti e conservati in queste zone etnee o per la realizzazione di carbonaie e produzione di carbone vegetale, dato il gran fabbisogno in quei tempi della popolazione locale. È giusto ricordare anche le intense raccolte all’interno della faggeta, dei gustosissimi funghi dell’Etna che spesso contribuivano ad integrare l’economia locale.
Per la sua ampia estensione la faggeta di “Monte Spagnolo” assume una grande importanza anche come habitat, in quanto assicura protezione a moltissime specie di mammiferi mediterranei, rettili, uccelli e persino insetti. Oggi, gli animali presenti su quest’area sono quelli diffusi su tutto il territorio mediterraneo; la Volpe, la Donnola, la Martora, il Coniglio, la Lepre, il Gatto selvatico, l’Istrice, il Riccio, il Quercino, il Ghiro. Inoltre, sono diverse le specie di rapaci diurni come il Gheppio, la Poiana e numerosi altri rapaci sui quali spicca l’Aquila reale, la regina del cielo. Le specie notturne presenti sono il Gufo comune, l’Assiolo, il Barbagianni, l’Allocco, la Civetta.
All’interno delle aree boscate e pascolive non é difficile avvistare il planare aggraziato dell’elusiva Coturnice, della Beccaccia e di altri uccelli minori. Un altro universo animale, presente all’interno della faggeta completa l’interazione biologica con le altre varie componenti: il mondo dei rettili.
Molto diffusi sono la Vipera, pericolosa per il suo veleno ed altri rettili non velenosi come la Coronella Austriaca, il Biacco, il Saettone occhi rossi e altri colubri, inoltre, nell’area vivono una grande quantità di altre specie minori, come numerose luscengole, lucertole, gongili, ramarri, gechi ed emidattili.
Per completezza d’informazione, da fonti storiche di letteratura, registriamo che nei secoli scorsi vivevano su questo territorio etneo, Lupi, Caprioli, Cinghiali, Daini, Grifoni e altri. Purtroppo, per vari motivi, gran parte di queste specie di animali, nel corso del tempo a venire al presente si è estinta da tutto questo comprensorio. E’ possibile che il massiccio prelievo venatorio del passato ha contribuito a depauperare la fauna locale.
La faggeta é anche il luogo di uno straordinario avvenimento che si perpetua nel periodo autunnale, infatti, in questa stagione i boschi di faggio si manifestano attraverso un panorama davvero emozionante che regala ai suoi visitatori anche un seducente evento che suscita straordinarie sensazioni dell’anima: un tappeto di foglie dai colori cangianti e da una suggestiva impronta cromatica che per alcuni sa di stupefacente.
Accade che le decidue piante di faggio con l’arrivo dell’autunno iniziano ad accedere fisiologicamente ad un periodo di riposo vegetativo che portano gradualmente alla diminuzione della produzione di clorofilla da parte degli alberi. Questo fenomeno porta con sé un fascino speciale denso di sano romanticismo.
L’autunno rappresenta nel mondo vegetale la perdita del fogliame come anticipazione dell’inverno, in particolare esso riproduce la breve fase delle foglie quando prima di cadere passano gradualmente, dal verde intenso dato dalla ricchezza di clorofilla, al verde pallido e poi al giallo acceso e in alcuni casi all’arancione o al rosso ruggine o vermiglio, infine al marrone delle foglie secche che si intreccia con la nera pietra lavica.
Transitando per la faggeta di “Monte Spagnolo” nel periodo autunnale, gli occhi sono rapiti da questo fenomeno fatto di colori e di contrasti che spesso si intrecciano e danno origine a scenari che sembrano dipinti dalla mano magica di un pittore che dà il meglio di se con una sorta di ricca tavolozza di colori naturali, con la quale disegna paesaggi da sogno che rendono tutto fiabesco, le cui sfumature si fondono armonicamente e creano un’affascinante scala cromatica della natura.
In breve, dopo mesi di intensa attività vegetazionale, in questi boschi d’alta quota avviene una sorta di processo conosciuto come “Foliage” o “fogliame”, un fenomeno che ultimamente sta diventando una vera attrazione turistica-escursionistica, a stretto contatto con la “Madre Natura”. Un avvenimento percepito come benefico alla mente, al corpo e allo spirito, dalle infinite colorazioni e sfumature, dove si accentuano maggiormente i colori dell’autunno che assumono le foglie, prima di cadere al suolo e prima che gli alberi si spoglino definitivamente all’arrivo dell’inverno.
In fondo, perdere le foglie serve alle piante caducifolie come strategia per sopravvivere nel periodo freddo, mediante l’eliminazione del superfluo e ridurre le superfici vitali che abbisognano di nutrimento, per ripartire a vivere pienamente in primavera. Insomma, uno spettacolo incredibile che richiama numerosi escursionisti ogni anno in alta quota, che contribuisce a rendere il Parco dell’Etna tra i più popolari di Sicilia.
Sull’Etna il faggio occupa le quote più elevate delle stazioni presenti in Europa, riuscendo addirittura a vegetare tra i 1200 mt. slm sino a circa 2200 metri di altitudine. Infatti, nel territorio dell’Etna ha il proprio estremo limite meridionale e una diffusione pressoché omogenea e uniforme, interrotta in modo discontinuo soltanto dalla presenza di colate laviche.
Il faggio è una pianta forestale definita sensitiva e sensibile verso le problematiche che riguardano gli equilibri biologici del proprio habitat. Sensitiva perché è considerata come una sorta di sentinella che riesce a percepire gli effetti nefasti dei cambiamenti climatici e delle avversità, sensibile perché risente in modo incisivo delle sostanze dannose all’ambiente naturale emesse dall’uomo nell’atmosfera.
Si prevede che restando così le cose, nei prossimi cent´anni si ridurrà considerevolmente l’areale del faggio che nel sito di “Monte Spagnolo” e in alcune aree a livello locale, potrebbe ridursi nella sua distribuzione rispetto al suo areale attuale, potrebbe variare il suo periodo vegetativo, addirittura depauperarsi e persino scomparire, ciò a causa del rapido surriscaldamento della Terra.
A questo rischio bisogna aggiungere che le boscose faggete etnee, come sopra più volte riportato, ciclicamente vengono interessate e spesso decimate dalle colate laviche eruttate attraverso i centri di emissione lavica lungo i fianchi laterali del vulcano o il condotto sommitale centrale.
Il faggio all’interno di un ambiente ottimale ha una buona longevità forse dovuta alla sua crescita molto lenta, infatti, nella faggeta di “Monte Spagnolo” sono custodite piante monumentali definite dagli esperti “alberi habitat”, in piedi vivi o morti essi forniscono nicchie ecologiche ed elementi cardine della gestione forestale sostenibile, veri e propri tesori botanici che determinano un paesaggio mozzafiato, scrigni preziosi di biodiversità che ci fanno subito pensare quanto la natura sia un’opera d’arte.
Forti, plurisecolari e suggestivi verdi “patriarchi della natura”, maestosi nella loro portanza, questi straordinari faggi sono osservatori solenni di tutti gli eventi ai quali sono sopravvissuti nel corso del tempo. Il faggio è sempre stato molto importante nella vita degli uomini, tanto da essere definito dai Forestali italiani la pianta “madre” dei boschi italiani ovvero, una delle essenze forestali caducifoglie più importanti presenti nel panorama naturalistico nazionale.
Insomma, il faggio ritenuto anche come dottrina esoterica che si spinge oltre le apparenze reali esteriori, è considerato roccaforte della memoria della vita e custode della conoscenza accumulata nel tempo. Nell’interazione con la cultura umana, le molte forme di vita, piante ed animali, hanno anche contribuito a comporre nell’immaginario collettivo la parvenza di sacralità dei boschi di faggio.
Per questa sua caratteristica dei sensi, il faggio viene percepito dai contemplativi come intimo ed imperioso bisogno di nutrimento dell’animo che avverte l’esigenza di riconoscerla e percepirla come pianta “topos” del cuore che per moltissime civiltà antiche è la sede dell’anima.
In conclusione del nostro viaggio non troppo immaginario, è evidente che la magnificenza naturalistica della faggeta etnea di “Monte Spagnolo” certamente non può essere rappresentata in poche righe. Ognuno di tutti noi dovrebbe visitare almeno una volta nella vita questo luogo senza tempo così da rendersi conto di persona, in quanto le parole e gli scritti non bastano a descriverne la particolare bellezza della faggeta di “Monte Spagnolo” di Randazzo.
Ecco per tutto quanto ho descritto sommariamente sopra, mi sento di consigliare obbiettivamente e dico a chi conosce e apprezza i valori naturalistici universali, ma anche a chi si avvicina per la prima volta ad essi: «Venite a conoscere la faggeta etnea di “Monte Spagnolo” di Randazzo, una fortezza naturale che offre tanta bellezza e rappresenta da tantissimi anni come un punto di riferimento per gli escursionisti del turismo lento che vogliono godere di questo paesaggio che può senza dubbio definirsi come massima espressione del connubio natura – uomo».