“Nostra malata Madre Terra” di Roberto Zaoner

In una fredda notte di principio d’anno Guido, stanco per la giornata convulsa, si distendeva nel suo letto e continuava la lettura del romanzo di un autore del trascorso secolo, dal sapore di un romanticismo ormai andato. Le palpebre dei suoi occhi si facevano via via più pesanti, ma poi si schiudevano. La voglia che aveva di finire la lettura di quel libro che riteneva interessante era tanta. Ma la mente non rispondeva più agli stimoli dell’attenzione che avrebbe dovuto avere per capire ciò che leggeva. La concentrazione andava scemando e, senza rendersene conto, quel libro andava scivolando pian piano dal letto e cadeva a terra.

La mattina seguente, avendo ricevuto nel suo ufficio l’incarico dal suo capo redattore, di scrivere un articolo di chiara impronta artistica, su un monumento di Parigi e su alcune delle opere di famosi letterati francesi dell’ottocento, al termine della giornata di lavoro fece ritorno nel suo appartamento per prepararsi ad affrontare l’indomani il viaggio. Cominciò a mettere il vestiario nella valigia, l’occorrente per un breve soggiorno nella città di destinazione. Andò a dormire e il giorno seguente, col biglietto del volo in tasca, ricevuto gratuitamente dalla redazione del suo giornale, prese il volo per Parigi. Il suo lavoro lo portava a viaggiare spesso e Guido, per sua fortuna, non aveva paura di farlo in mezzo e sopra le nuvole. Vedere l’ala dell’aereo e osservare la volta celeste dal suo punto d’osservazione lo invitava a pensare a come svolgere il lavoro che gli era stato affidato. Se ne compiaceva. Amava il suo lavoro e questi continui spostamenti da un luogo all’altro lo rendevano vitale. I suoi impegni lavorativi di ricercatore e critico d’arte, che gli permettevano anche di viaggiare e di non stare quotidianamente seduto su una poltrona a svolgere il proprio lavoro in redazione, erano un toccasana per lui. Girava il mondo ed era felice nello svolgere il suo lavoro. Relazionava le sue impressioni, le sue ricerche e i suoi studi d’arte con articoli e saggi di grande interesse per i lettori, in specie per gli intenditori e per gli appassionati d’arte. Il lavoro era la sua passione. Conoscere l’arte nei suoi vari aspetti era indispensabile per la sua stessa esistenza. Giornalista affermato, ricercatore e studioso d’arte, nonché apprezzato opinionista delle più svariate rubriche specialistiche di accreditate emittenti televisive, era coccolato da un gran numero di testate giornalistiche che se lo contendevano, affinché scrivesse articoli e saggi per conto loro. Oltre ad aumentare il loro prestigio, i giornali avrebbero venduto più copie e tratto più profitti. Le emittenti televisive che lo invitavano nelle loro trasmissioni avevano sempre alti indici di ascolto, e i ricavi dalle pubblicità aumentavano.

Aveva, dunque, avuto l’incarico dal suo Capo Redattore e dal suo Direttore, di studiare l’architettura del tempio del Pantheon parigino, un vero e proprio famedio in stile classico, e poterla così descrivere nei minimi particolari e relazionarla nei suoi articoli. Lì dentro a quelle sale, avrebbe respirato l’atmosfera di un tempo andato; l’avrebbero aiutato a scrivere articoli e saggi degni del suo prestigio di consumato critico d’arte, sebbene la sua giovane età avrebbe fatto pensare ad una meno vasta cultura artistico-letteraria. Quelle sale ospitano le spoglie dei più illustri personaggi, che hanno fatto in parte la storia di Francia. Il suo studio consisteva anche nel ridare un’impronta personale alle loro opere, con un giudizio attento, minuzioso e disincantato delle stesse, consegnandolo alla lettura degli appassionati e intenditori d’arte, ma anche della gente comune.  La costruzione del Pantheon era pensata per essere destinata a chiesa cattolica, per mano dell’architetto Soufflot e per volere di Luigi XV, per glorificare degnamente la monarchia, e dedicata a Sainte-Geneviève (Santa Genoveffa, patrona della città parigina). Il mausoleo è situato nel quartiere latino della metropoli, in cima ad un colle che porta lo stesso nome della Santa. Nel 1791, la Rivoluzione francese laicizza il monumento, che diventa Pantheon nazionale. Con l’andare degli anni, il monumento diviene edificio religioso o patriottico, a seconda dei regimi che si succedevano gli uni agli altri. Dal 1885, ha accolto le spoglie dei più grandi personaggi della Francia: Emile Zola, Jean-Jacques Rousseau, Victor Hugo, Voltaire, Pierre e Marie Curie, solo per citarne alcuni. Ed è sotto il monumento, ove si estende una vasta cripta, che si trovano le numerose lapidi degli uomini illustri a cui la Francia ha dato i natali. 

In una delle sale della cripta giacciono, in un angolo, l’una accanto all’altra, le spoglie di due grandi spiriti: quella di Victor Hugo, padre del romanticismo, e di Emile Zola, scrittore, saggista e critico letterario. Il giovane studioso, arrivato all’aeroporto di Parigi in tempo utile, si recò in un albergo, già prenotatogli dal suo direttore del giornale. L’indomani, dopo una colazione tipicamente francese, consumata nella sala ristorante dell’albergo, andò alla più vicina stazione del metro e da lì prese la metropolitana, direzione: Pantheon. Pochi minuti di viaggio e scese alla stazione di destinazione. Guido, quindi, imboccò una strada ripida. Vide da lontano il monumento e fu investito già dal suo fascino. Il mausoleo sorgeva sul colle di Sainte-Geneviève, proprio come l’aveva visto in una foto nel suo ufficio. Man mano che il giovane studioso e ricercatore si avvicinava all’incantevole edificio, si accorgeva di avere davanti una grande costruzione dall’architettura di stampo neoclassico. Arrivato a destinazione e dopo avere pagato il ticket d’ingresso, Guido entrò nell’edificio. 

Il giovane critico d’arte entrò dunque nella cripta. Si guardava intorno con aria un po’ smarrita, dall’apparenza quasi sospettosa. Ma era solo curiosità la sua, per vedere di cogliere qualche elemento architettonico che avesse colpito la sua osservazione, per poi riportalo nel suo fedele e sempre presente taccuino.  Sguardi incuriositi mostrava, se non altro perché cultore e amante d’arte, non dimenticando che era lì per lavoro e  che avrebbe poi dovuto documentare  ciò che avrebbe trovato d’interessante per poter relazionare il tutto con la stesura di un articolo o saggio: descrivere minuziosamente le tendenze artistiche e culturali che a quell’epoca si svilupparono in Europa, in ambito artistico, letterario e perfino architettonico della Francia neoclassica e più in generale in Europa, in contrapposizione al tardo barocco e al rococò. Quelli che colpirono il giovane ricercatore e giornalista furono i sepolcri, posti l’uno accanto all’altro, di due grandi uomini: Hugo e Zola, che si ispirarono prevalentemente all’arte antica, neoclassica, prediligendo, in particolare modo, quella dell’antica civiltà greco-romana. Per ogni sepolcro, vi erano delle targhette che citavano in breve le opere e lo stile dell’epoca di appartenenza di questi grandi uomini. Dopo un bel po’, gli parve di sentire, ad un tratto, un leggero brusio provenire da una sala attigua, ove vi erano altri sepolcri. I leggeri rumori e mormorii erano provocati da altri turisti. Quei rumori indistinti e sommessi di chiacchiericci confusi dei visitatori, che erano all’interno del mausoleo, distraevano non poco il giovane critico d’arte dalla lettura di quelle targhette. Ma quello che più lo coinvolgeva era l’atmosfera quasi surreale che lì dentro alla cripta si respirava: un’aria d’altri tempi, fantastica, attraente e affascinante, magica, ma nello stesso tempo un po’ inquietante. Gli sembrava di vivere immerso in una realtà senza tempo; dimensione eterica, in un contesto surreale e immateriale al tempo stesso, dove tutto era immobile e anche il tempo pareva essersi fermato. Sensazione strana, ma avvolgente nel tempo stesso. Sembrava essere tornato indietro in tempi remoti. Gli sembrava fluttuare nell’aria e di essere sospeso nel non tempo. 

Uscì così dal sepolcro monumentale e barcollando e stranito si diresse, non lontano da lì, verso il giardino del Lussemburgo, forse il più bel giardino di Parigi. Si sedette su una panchina, di fronte alla Fontana dei Medici, in un incantevole angolo romantico del XVII secolo. Ma tanta gente era lì ad ammirare quello splendore di fontana, con sculture della mitologia greca. Vi erano pure dei bambini che, lieti di trovarsi in quel luogo, si allontanavano dai loro genitori e correvano lungo il vialetto lastricato che costeggiava la fontana. L’aria era linda e non una nube oscurava di ombre gli astanti. Doveva concentrarsi Guido per riuscire a scrivere quello che aveva in mente. Anche lì, non poteva rimanere. Non uscì da quel luogo, ma si diresse verso un piccolo laghetto artificiale, di fronte al palazzo del Lussemburgo, che fu residenza della regina Maria de’ Medici, e dal 1958 sede del Senato della Repubblica francese, e ritrovò la quiete e la serenità per scrivere quello che aveva attirato la sua attenzione, quand’era ancora nel sepolcro monumentale, e potette finalmente esternare le sue sensazioni e riportarle sul  suo amato taccuino, per prendere appunti su tutto quello che aveva colpito la sua sensibilità di giovane osservatore professionista e appassionato d’arte. Seduto ad una panchina di quell’affascinante giardino, lo vide adornato di piante erbacee che parevano giaggioli coi loro fiori odorosi di svariati colori come l’arcobaleno. Si premurò ad estrarre, dunque, dalla sua borsa un quaderno ed una penna stilo. Ancora il sole era alto nel cielo. Cigni reali tracciavano corsi d’acqua nel laghetto, e uccelli di varie specie si adagiavano sulle sue sponde. L’area attorno al laghetto, ove si soffermavano i visitatori per ammirarlo, era coperta da poca ghiaia, che alzava comunque della polvere quando spirava un leggera brezza di terra, alternamente da direzioni opposte; la brezza delle giornate primaverili. Cigni e uccelli rallegravano tutto l’ambiente all’interno del parco. Un muretto attorno al laghetto faceva da cornice e sopra di esso planavano uccellini dai colori variopinti. Di tanto in tanto, gli si dava delle briciole di pane raffermo ed altri volatili dai colori meno sgargianti accorrevano e, battendo le ali, poggiavano il becco in tutta fretta sul muretto, divorando tutto ciò che trovavano.   

Guido cominciò finalmente a scrivere, ma prima di cominciare a stendere un articolo che riguardava l’arte, per il quale era stato incaricato, pensò che aveva ancora tempo per scrivere anche dell’altro. Si decise, dunque, a scrivere un racconto succinto ma di grande attualità, inventandosi un protagonista a cui avrebbe dato il nome di Emilio, che faceva il suo stesso lavoro di giornalista e ricercatore d’arte. L’ambientazione era ideata in quella cripta del Pantheon, ove Guido visse quell’esperienza all’interno del mausoleo. Avrebbe fantasticato su una fittizia, artificiosa discussione tra Emilio e i due celebri letterati: Hugo e Zola, racchiusi nei due sarcofagi dentro al Pantheon. Guido prese spunto da quei turisti che coi loro bisbigli e mormorii lo avevano involontariamente ispirato a stendere un racconto dal sapore surreale, ma di grande interesse. Quei sussurrii e brusii sarebbero usciti dai sarcofagi dei due grandi scrittori. Non sarebbe stata pura follia, perché con la sua fervida immaginazione il giovane Guido ne avrebbe potuto trarre un libro e darlo alle stampe. Sarebbe stata pura fantasia, sinceramente partecipe, ma verteva su un problema reale e globale del mondo intero: un problema del nostro pianeta e degli uomini che l’abitano.  Il racconto si sarebbe intitolato: “Grandi uomini d’altri tempi”. E così scriveva:

<Emilio percepiva nella cripta del Pantheon un incerto mormorio. Meravigliato, ma anche un po’ sbigottito, rimaneva comunque dentro al mausoleo. Era da solo nella sala, ove erano adagiati i due sepolcri: quelli dei due grandi scrittori: Hugo e Zola. Lo spavento gli suggeriva di allontanarsi, ma la curiosità era tanta. Quindi, rimase immobile per cercare di capire cosa stesse accadendo di così strano. E ritornò il silenzio più assoluto. Si allontanò nuovamente e risentì quell’insolito brusio. Rimase turbato per tutto ciò che di misterioso ed enigmatico stava accadendo. Non riusciva a capire, e questo lo sgomentava. Ma una strana forza invisibile gl’impediva di andare via.  Ad un certo punto, si fece forza e con le gambe tremanti e un po’ inebetito potette riprendere il cammino. Mentre si allontanava, sentì dentro di lui insolite e strane voci. Rimase completamente sconvolto e immobile, pur avendo grande voglia di scomparire dalla scena così irreale. Le voci si fecero più chiare e cristalline:

“Non avere paura per quello che ti sta succedendo intorno. Non chiederci chi siamo! Non facciamo parte del tuo tempo”. Ed egli, un po’sbottando ma con voce tremula, domandò: “chi siete?” Quelle strane ma soavi voci replicarono “Non importa. Ti abbiamo fermato perché volevamo, noi defunti d’altri tempi, renderti partecipe delle opinioni che noi qui dentro ai sepolcri ci stiamo scambiando e farti sapere quello che pensiamo della tua epoca. Noi tutti siamo tristi per tutto ciò che sta accadendo ora nel mondo, per quello che è successo in questo ventesimo secolo di orribile, terrificante e violento. Avvenimenti che non erano mai successi nei secoli or sono, seppure in alcuni secoli è successo qualcosa di simile, ma non così prorompenti e terrificanti come sta accadendo ed è accaduto in questo ventesimo secolo: la prima e seconda guerra mondiale e la Shoah, un Olocausto orribile, genocidio come non si può immaginare per l’immensa crudeltà perpetrata da uomini ignobili e crudeli.  

Alla nostra epoca, le nostre guerre e in quelle precedenti, come la storia ricorda, sono state sempre circoscritte a territori più o meno vasti, anche se sanguinarie e sciagurate. Le guerre sono sempre scellerate, ed empi e spietati sono stati gli uomini che le hanno volute e dichiarate. Questo secolo sta quasi per concludersi ed altro succederà che farà cambiare il mondo. Il comunismo parrà estinguersi, ma risorgerà, e le due potenze mondiali, Usa e Unione delle Repubbliche Sovietiche, si contenderanno il controllo sulle altre nazioni per espandere il loro dominio sulla terra e per imporre la loro ideologia politica e averla vinta sulla crescita economica, in nome del benessere, ma troppo spesso non della vera libertà a cui ogni uomo aspira. Cresceranno altre nazioni potenti, che per adesso sembrano dormienti, ma esploderanno anch’esse: Cina e India.

Ognuna di queste potenze ha già un’arma letale per il globo terrestre: la bomba atomica. Popoli contro popoli. Religioni contro religioni. Civiltà contro civiltà. Ci saranno attentati di stampo religioso e di sistemi politici aberranti e privi di logica e di libertà dell’individuo, che sfoceranno in tragedie di gente incolpevole; deportazioni e crimini di ogni genere. La potenza e la ricchezza rappresenteranno il vero traguardo per tutti i rappresentanti delle già più ricche nazioni. Si presenteranno nuovi tiranni a guidare le nazioni più potenti. E nel prossimo secolo, sarà un problema mettere d’accordo i responsabili politici di tutte le nazioni per risolvere i problemi che interessano quello che è ora il vostro pianeta, che sta versando lacrime amare. Le guerre in molte zone della terra continueranno, perché si presenteranno sempre sulla scena politica ed economica despoti che vorranno governare vasti territori per dominare le masse, e purtroppo a capo degli stati più potenti del mondo vi saranno uomini che non avranno a cuore le sorti della gente oppressa. Interverranno solo, a loro beneficio, quando vi saranno interessi economici o di dominio di natura politica con evidente impronta imperialista.  

L’inquinamento atmosferico dei mari e delle terre si farà sempre più pressante e urgente. I cambiamenti climatici trasformeranno la terra in uno scenario poco affidabile e largamente minaccioso. La cementificazione selvaggia già da tempo è in atto, a danno degli spazi verdi e dell’ambiente insieme. E i paesaggi vanno via via modificandosi in modo irreversibile, e sempre più visibili saranno le brutture dell’uomo maldestro. L’abiezione d’animo dell’uomo, la sua indegnità e infamia fanno parte del suo essere.

Ci sarà desertificazione in gran parte della terra. Ci sarà siccità e inondazioni in ogni parte di questo gioiello che è il pianeta in cui ora voi vivete. Cataclismi di innumerevoli e illimitate proporzioni. I ghiacciai si scioglieranno e la terra sarà sempre più inospitale. Tempeste alluvionali con conseguenti inondazioni flagelleranno ogni luogo del pianeta, e calamità naturali saranno sempre più indomabili. Tracimazioni dei fiumi in piena. Incendi devasteranno grandi zone terrestri per volontà dell’uomo; boschi e foreste che danno ossigeno all’atmosfera che è malata e che non vengono risparmiati per via delle deforestazioni e disboscamenti in vasti territori. L’inquinamento atmosferico è al collasso e non potrete più porre riparo a queste sciagure irreversibili: disgrazie e sventure con cui fare periodicamente i conti. Rimediare a questi fenomeni sarà sempre più incalzante. Vi saranno popoli che fuggiranno dalle loro terre insanguinate per guerre intestine e che conoscono la fame, oppressi da regimi dittatoriali e, disperati, migreranno come orde tribali verso altre terre più ricche e popoli più fortunati, attraversando fiumi, vallate, mari e deserti inospitali, rischiando la loro stessa vita. Molti di loro moriranno durante questi viaggi per mari e per terre; viaggi per la speranza in una sopravvivenza senza certezza. Questo esilio forzato sarà il loro destino indecifrabile e incerto. La temperatura nel mondo sarà sempre più elevata e per vivere non ci sarà più spazio per tutti. E ci sarà carestia, forse, nel secolo che sta per giungere. L’uomo è stato sempre incline alla creazione e costruzione e, per contro, un’irrefrenabile indole distruttiva di ciò che ha costruito e creato con le proprie mani e con la propria intelligenza. Ma si rivelano poi stolti nei loro distorti e criminali intenti. Il genere umano è d’indole cattiva.  

Pochi saggi sulla terra come non mai in quest’epoca; tanta indifferenza e mancato amore e rispetto per il bene comune, per il bene della nostra dimora, per il bene della natura, per il bene di noi stessi. Uomini ingiusti e impietosi. Uomini senza scrupoli, egoisti, che non pensano alle future generazioni, che hanno anch’esse diritto a vivere una vita sana e pacifica, come hanno insegnato i vostri padri, che la guerra l’hanno vissuta sulla propria pelle, versando il sangue in nome dell’amore per la propria nazione e per un futuro migliore: la pace, la libertà e il benessere. La terra, troppo spesso, non rispettata e ignorata in quel che di meraviglioso ci ha sempre offerto. L’indifferenza e la crudeltà sono presenti negli animi dei cattivi, dei prepotenti e dei violenti. È una delle più gravi piaghe che stiamo vivendo e dà un dolore sempre vivo e cocente ai giusti e ai saggi. La terra sempre più umiliata. La terra vi accusa. Essa non merita di essere insultata. È la dimora di ogni essere vivente, animale e vegetale e vi ha accolto in un abbraccio universale. Vi ama senza nulla a pretendere. Vi dà ossigeno per respirare e cibo per nutricarvi e acqua per bere. Ha coccolato tutti gli uomini di ogni tempo con le sue valli, i mari e le scogliere, colline, montagne, poggi, foreste, laghi e fiumi, deliziose isole e arcipelaghi in mezzo ai mari, spiagge e campagne generose di frutti, terre fertili. Ci ha viziato con le aurore che anticipano il dì e i suoi vermigli e mirabili tramonti, il ceruleo cielo e il blu cobalto del mare. In ogni suo angolo colori variopinti come quelli di un arcobaleno e simili a tratteggi di una tela dipinta da un valente ed esperto pittore che con basco, tavolozza, pennello e colori ne anticipa la bellezza. Noi non più, ma siete ora voi i suoi figli, e ingrati vi mostrate per tutto quello che da essa ricevete con amore, come solo una mamma può fare coi suoi figli. La state uccidendo ed essa umilmente vi chiede pietà, in una lenta e penosa agonia. E non raramente vi uccidete pure a vicenda. Noi, uomini saggi del tempo trascorso, piangiamo e abbiamo pietà per voi. La natura si sta adesso ribellando alle indolenze, ingiustizie e noncuranze dell’uomo. Disinteresse ostentato che state vivendo verso una terra generosa che si prende cura dei suoi ospiti. Sarà forse la rovina. Distacco, impassibilità, imperturbabilità, disinteresse, noncuranza, egotismo: ecco i mali dell’uomo. Ecco le ragioni di tutto ciò che di brutto e veramente pericoloso sta accadendo sulla nostra bistrattata e maltrattata terra, amata solo dai giusti e dai saggi. Partecipazione, coinvolgimento, sensibilità, bontà, altruismo: ecco di cosa dovrebbero fare tesoro tutti gli uomini.  

L’uomo, ospite della terra, continua a manifestare indifferenza del pericolo che sta correndo. L’unica possibilità a voi consentita sarà quella di andare a vivere in un pianeta vicino a quello in cui vivete, ma noi pensiamo che tutti i pianeti del nostro sistema solare siano inabitabili, ostili a qualsiasi forma di vita. Avete messo piede sulla luna. Farlo su un altro pianeta sarà molto più difficile, ma ci riuscirete. Riuscire, invece, a scoprire un pianeta accogliente sarà impresa ardua, forse impossibile. Sarebbe l’unica soluzione più giusta per non aggredirvi gli uni con gli altri, un’alternativa per vincere la fame e per non tornare a combattere come i nostri antichissimi antenati hanno fatto con le clave. Scene apocalittiche. È, comunque, un’utopia il solo pensare di poter vivere fuori da questo meraviglioso, turbato e bistrattato mondo. Noi pensiamo che la madre terra sia l’unica ad essere ospitale. Rimane ancora una possibilità molto di là dal tempo che verrà. Nondimeno, i potenti del mondo fanno poco per risolvere almeno quello che potrebbero, se solo lo volessero e se non vi fossero interessi contrastanti tra una nazione e l’altra.  

Ma siete ancora in tempo. E se solo lo vorrete, non sarà tutto perduto e il mondo, a poco a poco, uscirà indenne, anche se ferito a morte dal male che gli avete procurato, e guarirà dalle offese che gridano vendetta verso uomini irresponsabili, che l’hanno reso schiavo del genere umano. Ma occorrerà ormai molto tempo per guarire le ferite vive che lacrimano sangue. Noi tutti, grandi uomini come ci definite, siamo tristi per voi, perché ci siamo rassegnati che nulla più possiamo fare, con le nostre opere e la nostra arte che vi abbiamo lasciato. Un’eredità che non avete saputo fare tesoro e che oramai non seguite più, dato per scontato che l’abbiate mai seguita, per indurre l’uomo contemporaneo alla ragione e alla saggezza. La nostra arte, la nostra conoscenza, la nostra sapienza e la nostra saggezza non sono valse a nulla se non sono servite a voi da esempio e da esortazione per un mondo migliore, che voi state solo distruggendo: un mondo che non avrà futuro, né memoria. E ognuno di voi ha le sue colpe, non solo di chi vi governa. È veramente arduo indurre l’uomo del tempo coevo alla ragione e alla saggezza.  

Anche i defunti vi giudicano e sono in pena per questa preziosissima gemma che è il globo terrestre, che voi state distruggendo. E i potenti, senza coscienza e senza scrupoli, continuano a considerare come obiettivo primario il potere e il profitto. Ma non capiscono che anche loro saranno coinvolti in queste disastrose ed estreme conseguenze. Si cullano del presente, immersi come sono nel benessere e nell’egoismo, e le loro menti non vanno mai al di là del giorno che va ad oscurarsi; perché ci sarà un tramonto per tutti, anche per quelli che si credono immortali e non pensano mai che un giorno saranno anche loro solo polvere. O è mera indifferenza irresponsabile. Tra quanto tempo non è dato sapere se e quando imploderà la terra per mano vostra. Ma anche ognuno di voi, nel vostro piccolo, dovrà fare la sua parte, nel bene. E se unite le vostre forze, la vostra sana e vera volontà di operare nel bene e nel giusto e la vostra costanza improntata a saggezza, già sarà tanto. E se le vostre attenzioni saranno rivolte a rovesciare il percorso involutivo che questa vostra terra ha imboccato, il piccolo di ognuno di voi diverrà grande nel suo complesso”.  

Guardandosi intorno, Emilio rimase immobile e sgomento, e dalla sua bocca non uscì alcuna frase per giustificare, anche se in modo blando, gli uomini. Non riuscì a incamminarsi. Avvertì tanta pesantezza nelle gambe. Un intenso brivido percorse la sua pelle. Sensazioni di paura e incredulità, miste a tanta angoscia. Fece a loro un cenno di saluto, e nelle sue labbra un amaro sorriso. Indi, raggiunse a fatica l’uscita del tempio, barcollando.

Gli occhi di Emilio erano ancora chiusi. Erano le prime ore del mattino. I raggi del sole tralucevano timidamente dalle fessure delle persiane della sua stanza.  Ma la luce del sole si faceva sempre più forte. Le sue palpebre si fecero tremolanti e debolmente cominciarono ad aprirsi. E così si ridestò dall’onirico; un sonno profondo. Era ancora intontito, ma ad un tratto ebbe un sussulto. Doveva riprendersi dal tormento che il sogno gli aveva infuso e suscitato nell’animo. Uscì frettolosamente da casa, come a volere fuggire e a non pensare a quella notte che gli aveva fatto vivere quasi un incubo. Il giovane critico d’arte Emilio s’incamminò lungo la strada e guardò il mondo con occhi diversi. Quello stato di affanno nel sonno, vissuto in una fredda notte invernale, lo aveva tormentato, ma anche reso più consapevole della realtà. Era triste, ma un filo di speranza gli dava più coraggio e un celato ottimismo che qualcosa sarebbe cambiata nel mondo, confidando nei buoni propositi di tutti gli uomini della terra, ognuno per la propria parte. Si convinse che non tutto era finito e che ogni uomo da solo può fare poco, ma insieme ad altri possono rovesciare gli eventi a loro piacimento e invertire le sorti della storia umana e terrena>

Il racconto abbozzato da Guido ebbe, dunque, fine.

Dopo un’attenta lettura di questo suo breve romanzo e dopo averlo riadattato e corretto, Guido si guardò in giro. Il giardino del Lussemburgo era bello come sempre. L’erba aulente e i fiori in rigoglio del piccolo parco lo inebriavano. Cigni reali continuavano a tracciare brevi corsi d’acqua e piccoli volatili rimanevano in attesa che qualche umano desse loro delle briciole di pane. La lontana Tour Eiffel si vedeva indistintamente per via del bagliore del rubicondo sole che andava abbassandosi nel terso cielo in direzione di essa. Il colore del cielo era divenuto scarlatto all’orizzonte. E lì in fondo, quasi dietro il Palazzo del Lussemburgo s’intravvedeva in tutto il suo splendore la chiesa madre, cattedrale gotica di Notre-Dame, con le sue due inconfondibili torri e, dietro, la guglia risalente al XIX secolo, in stile neogotico, costruita su progetto dell’architetto parigino Eugène Viollet-Le-Duc (NDR: la guglia è andata distrutta dall’incendio del 15 aprile 2019. Vi era, inoltre, un’altra guglia, risalente al XIII secolo e degradata nel XVII secolo da agenti atmosferici e, soprattutto, dal vento. A metà del XVIII secolo, si era pericolosamente inclinata e fu stabilita dagli esperti dell’epoca il suo abbattimento, che avvenne alla fine dello stesso secolo, durante la Rivoluzione francese).

Accanto alla Senna, la cattedrale sorride al mondo nella speranza di un futuro migliore e liberatore dai mali che affliggono la nostra trascurata terra.

Alla stesura della relazione, da presentare ai suoi dirigenti del giornale, il nostro giovane studioso d’arte e ricercatore Guido aveva ritenuto più urgente e pressante pubblicare il suo libro per scuotere le coscienze con un racconto che seppur immaginario, artificioso, quasi folle, irreale e frutto interamente della sua fantasia, si rifaceva ad un tema prorompente, di una realtà attuale e presente in tutta la sua drammaticità, che investe il mondo e gli uomini che ci vivono: la salvezza del nostro gioiello che si chiama: “Nostra malata madre terra”.

“L’uomo è un ospite della terra. Non è il suo padrone”

Roberto Zaoner (30/01/1986, rielaborato e riadattato nei primi giorni di novembre del 2018, tra il 29-30/09/2021 e, infine, il 16/05/2022)

Il mio breve romanzo “NOSTRA MALATA MADRE TERRA” è frutto solamente in parte della mia fantasia. Io, realmente mi sono recato a Parigi, nel novembre del 1985. E realmente ho anche visitato il Pantheon, nel quartiere latino, e il giardino del Lussemburgo. Ho visitato questa magica città europea in lungo e in largo, romantica per eccellenza, la Ville Lumière, che per le feste natalizie diviene forse la più luminosa e più fantastica città del mondo.

Il soprannome di Ville Lumière deriva probabilmente, ma non con assoluta certezza, dal fatto che a Parigi entrò in funzione la prima illuminazione pubblica a gas. Secondo altri storici, questo appellativo potrebbe affondare le sue radici in epoca illuministica. Sono rimasto sempre affascinato da questa metropoli. Sono tornato a visitarla ad aprile del 2014, con la mia consorte. Ma la visita, in quel lontano 1985, mi è rimasta impressa.

“NOSTRA MALATA MADRE TERRA” è un romanzo di breve durata, ma ritengo sia interessante leggerlo, perché vuole significare la precaria situazione in cui versa il nostro pianeta, che non apprezziamo del tutto, perché non lo rispettiamo abbastanza e non abbiamo la dovuta cura che il nostro globo terrestre merita. Tutti, anche noi nel nostro piccolo, dovremmo fare la nostra parte. Nessuno può pensare di essere esente da colpe, con le dovute eccezioni.

La natura adesso si sta ribellando e fa sentire i suoi pericolosissimi effetti: inquinamento atmosferico e dei mari, tempeste alluvionali, smottamenti, ghiacciai che si sciolgono, l’antropizzazione incontrollata, siccità, cambiamenti climatici con aumenti delle temperature in ogni parte del mondo, desertificazione sempre più vasta ed altro.

E noi tutti che cosa facciamo…?! Nulla. E i responsabili, quelli che tengono in mano il potere economico, politico e industriale? Nulla. A noi basta vivere alla giornata. Pensiamo che questi siano problemi molto più grandi di noi. Pensiamo che siamo impotenti davanti a questi eventi eccezionali, o non ci pensiamo affatto. Ma quanto ci sbagliamo a pensarla così…

Un giorno ci sveglieremo la mattina e ci accorgeremo che la terra sarà diventata inospitale. Ho paura per le future generazioni, alle quali stiamo lasciando un triste e insopportabile futuro. Ancora non è tutto perduto, ma dobbiamo darci da fare, il più presto possibile.

“Ogni uomo da solo può fare poco, ma insieme ad altri può rovesciare gli eventi a suo piacimento e invertire le sorti della storia umana e terrena”.
“L’uomo è un ospite della terra. Non è il suo padrone”.
“L’uomo distrugge, la natura si rigenera. È solo questione di tempo, se l’uomo non insiste nella sua condotta devastatrice”.

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