Quelle Colonie scampate dall’invasione Turco Ottomano

Piana degli Albanesi Storia e Tradizioni
Nel XV Secolo , Costantinopoli (attuale Istanbul) fu occupata dall’espansionismo turco ottomano, i quali nei secoli precedenti , inesorabilmente erano riusciti a penetrare in Asia minore, per passare quindi in Europa, capovolgendo così l’equilibrio nel mediterraneo.
L’unità mediterranea che il dominio Greco e successivamente quello Latino avevano saldamente mantenuto e che l’invasione arabo-musulmana non era riuscita a spezzare, fu decisamente infranta dalla conquista Turca.
Cadute sotto il dominio ottomano, le popolazioni balcaniche lottarono validamente, ma mentre Tracia, Bulgaria e Serbia venivano travolte, soltanto L’Albania riuscì a resistere alla presenza Turca. L’ultimo baluardo cristiano crolla dopo la morte dell’eroe albanese Giorgio
Kastriota Skanderbeg , che dopo una lunga serie di vittorie , muore ad Alessio (Albania) nel 1468. Da allora ha inizio l’esodo doloroso degli albanesi dalla patria verso l’Italia meridionale e la Sicilia, ove già da qualche tempo molti di loro si erano trasferiti e in particolare, quando essi erano venuti in aiuto agli aragonesi , nella lotta contro gli angioini.
Per il valido e decisivo contributo portato in questa lotta, Giorgio Kastriota figlio dello Skanderbeg, venne eletto signore di Trani del Gargano e S. Giovanni Rotondo, ove la famiglia si stabilì definitivamente. Altre colonie albanesi vennero accolte nella lontana Repubblica Veneta. Alcuni si
dedicarono al mestiere delle armi. Le milizie degli Stradioti soldati della Repubblica Veneta erano costituite da albanesi. Il reggimento Real Macedone, istituito dal Re Carlo III° nel Regno di Napoli, fu quasi tutto annientato nella battaglia di Velletri (1744), era costituito da albanesi.
Parte della popolazione dell’Albania meridionale si rifugiò in Grecia ove poi si fermò definitivamente costituendo una numerosa colonia, che tutt’ora usa la lingua albanese, mantenendo vivo il senso dell’origine. L’esodo dall’Albania, inizialmente lento, divenne più numeroso quando la presenza turca fu più forte. Quando il numero dei profughi divenne più consistente, il Re Ferrante D’Aragona ritenne opportuno dislocarli in varie parti del regno, e ciò forse per paura di incursioni turche. Gli albanesi, arrivati in piccoli gruppi, furono quasi subito assimilati dalle popolazioni italiane, mentre le masse compatte conservarono la loro propria individualità etnica, la lingua, gli usi e i costumi. La gran parte degli albanesi immigrati in Italia può considerarsi proveniente dall’Albania meridionale e dalla Morea, come è dimostrato chiaramente dal dialetto prevalentemente “ Tosco”. Tuttora parlato dagli albanesi d’Italia. In tale contesto, i baroni e i vescovi furono larghi di concessioni ai nuovi coloni, che godettero sempre
dei diritti di cittadinanza ed esercitarono il culto religioso liberamente nelle loro chiese e con il clero proprio senza che si elevassero mai sospetti sulla loro cattolicità. Il rito greco fu professato in gran parte dalle colonie italo-albanesi, specie in quelle raccolte nell’ Eparchia ( Diocesi cattoliche di rito greco). E’ di grande rilievo la manifestazione di civiltà e di tolleranza ed il rispetto delle minoranze etniche e linguistiche, nonché l’alto senso di ospitalità ed educazione dei siciliani, che affondano le origini nell’epoca normanna. Delle colonie albanesi siciliane la più antica è Contessa Entellina (1448) , che insieme a quella di Mezzojiuso, Palazzo Adriano, Biancavilla e Piana degli Albanesi devono considerarsi quelle originarie. Risulta certo che quest’ultima colonia sia sorta in luogo disabitato e abbandonato, prima della venuta in Sicilia degli albanesi.
Questi albanesi sbarcati da navi veneziane, a Solunto (vicino Bagheria), nel 1485, non poterono fermarsi nella zona costiera del palermitano perché le autorità governative non lo consentirono, in quanto preoccupate da eventuali ritorsioni dei turchi. Dopo una peregrinazione piuttosto lunga, gli albanesi ebbero concesso dall’Arcivescovo di Monreale i feudi di Mercu e Dandigli. I capitoli di Fondazione di Piana degli Albanesi portano la data del 30 Agosto 1488. Gli albanesi di Piana accampati inizialmente alle falde del monte Pizzuta (ove oggi si trova la più antica chiesa dell’Odigitria), per le rigidità invernali , furono costretti a spostarsi più a valle. Sebrano siano stati Labi e Ciami i fondatori di Piana, provenienti dalla Ciumaria e e dalla Chiamara (Himarra o Giumarra) è il nome ancora oggi dato al quartiere orientale di Piana. La chiesa di S. Giorgio , costruita nel 1493 ed ampliata nel 1564, fu la prima Matrice del paese e con la costruzione della chiesa di San Demetrio, iniziata nel 1498 le competenze vennero trasferite a quest’ultima, che divenne così Duomo, sede del capitolo Diocesano e del Vescovo. La giurisdizione dell’Eparchia, già istituita nel 1937 , si estende nel territorio di Piana, sulle parrocchie , chiese e oratori di rito greco. La chiesa dell’Odigitria, al centro dell’abitato, venne costruita nel 1607.
In essa è gelosamente conservata l’immagine della Vergine Odigitria (significato di “Colei che indica la Via della Salvezza , è la patrona della Sicilia) fu portata dagli albanesi in fuga dalla patria durante l’esodo. I ricchissimi costumi muliebri, in fogge varie, col fastoso cerimoniale dei riti liturgici
siculo-orientali, costituiscono uno degli elementi più interessanti e vivaci del folkolore e delle tradizioni del patrimonio culturale della Sicilia dando una sensazione sublime dell’isola nell’isola con il concetto della diversità nell’unità che la nostra Regione rappresenta!

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